PATTEGGIAMENTO

«Bastardo, devi soffrire»: botte e minacce al figlio di 3 anni. E umiliazioni alla moglie

Georgia Azzali

Solo il suono della sua voce faceva calare il gelo in famiglia. Arrogante. Violento. Anche con il figlio Luca (lo chiameremo così), 3 anni, che avrebbe dovuto ispirare solo tenerezza e comprensione. Aggressivo con lui e con la moglie, che aveva la «colpa» di aver messo al mondo un bambino «rincoglionito, che non imparerà mai niente nella vita», le diceva. Per più di quattro anni sono stati loro i bersagli delle sue frustrazioni: insulti costanti, sberle, sculacciate al piccolo fino a fargli male. E minacce terribili: «Quanto vorrei ammazzarvi e farvi a pezzi», aveva urlato un giorno. Così come non si era fatto scrupoli, nell'agosto del 2023, quando la donna stava per partorire la seconda figlia, a dirle che avrebbe sperato fosse morta sotto i ferri. Accusato di maltrattamenti pluriaggravati, l'uomo - 41enne, originario di Torino - ieri ha patteggiato 3 anni davanti al gup Gabriella Orsi. La giudice, come richiesto dalla difesa in accordo con il pm, ha sostituito la pena con lavori di pubblica utilità.

Umiliare chi gli stava accanto: era diventata la sua ragione di vita. Quella sopraffazione quasi quotidiana della moglie e del figlio che lo faceva sentire così potente. Lei era «incapace», «ignorante», «stupida» e «non capiva nulla» perché non sarebbe stata in grado di educare i bambini.

Giornate scandite dalle minacce. Mai velate. Anzi, progressivamente, sempre più esplicite: avrebbe voluto spaccarle la testa e, in caso di separazione, se fosse toccato a lui andarsene di casa, avrebbe ucciso lei e i figli.

Luca era sempre nel mirino. Un bambino che aveva difficoltà a mangiare, soprattutto a ingerire cibi solidi, ma per il padre-padrone erano problemi di cui era responsabile la madre. E la rimproverava dicendole: «Non imparerà mai niente nella vita, morirà così». Perché aveva lui la «ricetta» per farlo cambiare e crescere bene: Luca avrebbe dovuto soffrire, a suon di schiaffi e sculacciate.

Fin da quando aveva pochi mesi Luca ha visto il volto del padre incupirsi, ha sentito le sue urla e le sue mani addosso anche se banalmente versava un po' d'acqua sul pavimento giocando. «Mangia, bastardo. Sono anni che stiamo chiusi in casa per colpa tua, perché non vuoi mangiare, perché rompi con 'sto cibo», gridava spesso. Un giorno di fine ottobre del 2022, visto che Luca non riusciva a tenere la lingua dentro la bocca, era arrivato a dirgli: «Te ne taglio un pezzo ogni volta che la vedo fuori».

Parole di una violenza inaudita. Eppure, si sarebbe spinto anche oltre un giorno di maggio del 2023: con un pezzo di nastro adesivo aveva chiuso la bocca del bambino. E poi gli aveva spiegato: «Tanto adesso non devi parlare, quando devi parlare ti tolgo lo scotch».

Soprusi e umiliazioni. Uno stillicidio fino a quando, verso la fine di novembre del 2023, la moglie ha deciso di contattare il Centro antiviolenza. Lei e i figli erano stati subito inseriti in una struttura protetta, eppure lui era riuscito a geolocalizzarli pochi giorni dopo. Li aveva raggiunti e poi seguiti. L'ultimo affronto.

Georgia Azzali