C'era una volta
Violetta di Parma, profumo nobile
Marzo per i parmigiani significa, o meglio, significava, «Féra äd San Giuzep», mentre, per più romantici, il mese più pazzo dell’anno significava violetta che, in questa stagione, ammanta campi, fossi, giardini e parchi.
Per «San Giuzép», il 19 marzo, i «pramzàn i gnävon fóra in späda». Ai giovani ed ai giovanissimi risulterà strana questa espressione ma, per i nostri nonni, «gnir fóra in späda», significava dare il benvenuto alla primavera riponendo in naftalina capotti e tabarri per «spianare» l'abito nuovo in occasione della tradizionale fiera parmigiana che si festeggia il 19 marzo proprio due giorni prima dell’inizio della primavera. Il detto «uscire in spada» è antichissimo, infatti, fa riferimento a quei signorotti che, secoli fa, quando arrivavano i primi tepori primaverili, attaccavano il mantello al chiodo ed uscivano in «bella vita» facendo sfoggio dello spadino che tenevano appeso alla cintura dei pantaloni.
La «Féra äd San Giuzép» era pure diventata un rito per «andär par vjóli al dopmezdì con la moróza», oppure per fare una bella scorpacciata «äd bosilàn», la classica ciambella primaverile che le «rezdóre» preparavano utilizzando le uova fresche del pollaio, in primavera ancor più fresche.
Significava fare un tuffo nel divertimento semplice e molto spartano dei «baracón», salire su una giostra, lanciare palle di stoffa contro un bersaglio, gustarsi un bastoncino di zucchero filato, addentare un croccante o una frittella dolce che vendevano gli ambulanti che ravvivano la fiera con il profumo fiabesco dei loro dolciumi. Ma ritorniamo alla violetta» che fu pure il fiore preferito dalla duchessa Maria Luigia d’Austria.
Non appena giunta a Parma, tra la Duchessa e il profumato fiore primaverile, scoppiò un vero e proprio flirt. Ma, ancor prima del suo arrivo a Parma, Maria Luigia, scriveva dal castello di Schonbrünn alla sua dama d’onore a Parigi : «… vi prego di farmi tenere qualche pianticella della violetta di Parma con l’istruzione scritta per piantarle e farle fiorire; io spero che germoglieranno bene poiché io divengo una studiosa botanica e sarò contenta di coltivare ancora questo leggiadro piccolo fiore…. » . Dunque, un grande trasporto della Duchessa asburgica per la violetta parmigiana, alla quale riservò particolari attenzioni durante il suo felice ducato nella nostra città occupandosi personalmente della sua coltivazione sia nell’Orto Botanico che nel parco della residenza estiva della reggia colornese. E, proprio a Maria Luigia, si deve la nascita dell’essenza alla violetta poiché fu la Duchessa in persona ad incoraggiare i frati dell’Annunziata di condurre ricerche nelle loro «oficine» conventuali. Ed i bravi francescani, dopo un lungo e paziente lavoro, riuscirono ad ottenere dal fiore e dalle sue foglie un magico profumo che in seguito la Borsari portò nel mondo.
Fu infatti dai frati dell’Annunziata che, nel 1870, Ludovico Borsari riuscì ad avere la preziosissima formula segreta per la preparazione di quel profumo che, per molti anni, fu simbolo di eleganza, charme e voluttà di tante affascinanti signore.
Alla Duchessa Maria Luigia e alla violetta il Museo Glauco Lombardi (autentico gioiello museale e vanto per la nostra città) dedicò uno splendido omaggio grazie ad un'interessantissima ed elegante pubblicazione, per i caratteri di Grafiche Step Editrice, realizzata nel 2013 per la regia di Francesca Sandrini, direttrice del Museo Glauco Lombardi, con testi e preziose ricerche storico scientifiche di Mariachiara Bianchi, Maria Augusta Favali, Fabrizia Fossati, Anna Mavilla, Carlo Pioli e della stessa Francesca Sandrini. Nella prefazione del libro, impreziosito da eleganti e rare stampe e dipinti d’epoca a colori, Francesca Sandrini illustra le finalità dell’opera che mette in relazione l’amore che serbava la Duchessa per il timido fore primaverile.
«Una duchessa, una città, un fiore che è anche un colore e un profumo. Questi i protagonisti - scrive Sandrini- di un simbolo che ancora oggi affascina, tra storia e tradizione, tra dati certi e inebrianti suggestioni. E allora perché non indagare un po' e rivisitare il legame che unì Maria Luigia alla violetta di Parma? Argomento certo minore, apparentemente frivolo, ma che nasconde interessanti elementi documentari, utili ad aggiungere un altro piccolo tassello nella definizione della personalità della sovrana asburgica oggetto delle più disparate chiavi interpretative, eppure, almeno per i parmigiani, duchessa amatissima, omaggiata con sincero affetto e riconoscente devozione dei tanti ignoti visitatori che mai dimenticano di deporre mazzolini di violette sulla sua tomba a Vienna, regalando una profumata nota di colore all’interno delle cupe atmosfere della Cripta dei Cappuccini. Seppure questa pianta nella varietà parmensis (documentata per la prima volta in Provenza nel 1735) debba la sua notorietà all’ex imperatrice di Francia, è storicamente certo che l’amore ed il culto della violetta non nascano con Maria Luigia, anzi, risultino assai ben attestati già sotto Napoleone Bonaparte e la prima moglie Giuseppina, costituendo una sorta di fil rouge che unisce il fastoso periodo francese dell’arciduchessa austriaca ai più dimessi e tranquilli tempi del ducato parmigiano». Maria Luigia, non solo amò questo fiore ma, addirittura, in alcune lettere, essendo molto abile nella pittura, dipingeva una violetta al posto della propria firma. La Duchessa, da grande esteta qual’era, prediligeva a tal punto il colore viola che volle della stessa tinta anche le divise dei suoi valletti, gli abiti dei cortigiani ed i propri mantelli. Ed era talmente gelosa del suo profumo che i primi flaconi di violetta creati dai frati del convento dell’Oltretorrente furono unicamente destinati a suo uso personale. La violetta, unitamente ad altre icone, assurse a simbolo ducale, tant’è che Peppino Ferrari, indimenticato cerimoniere del Comune di Parma, alle ospiti d’onore che facevano visita alla nostra città, non mancava mai di porgere un bouquet di profumate violette, creato dalla «stilista» parmigiana dei fiori Gabriella Padroni, insieme ad una confezione di profumo Borsari che suggellavano di raffinatezza e charme l’accoglienza parmigiana.
Inoltre la violetta campeggia nel logo del più antico sodalizio cittadino, la «Famija Pramzana», presieduto da Claudio Cavazzini, che ritrae una timida violetta che si arrampica tra gli antelamici marmi rosa del Battistero proprio a significare la nascita del sodalizio avvenuto nei locali di «Pepèn», in vicolo Sant'Ambrogio, «'na sira 'd farvär dal '47 dal cór äd pòch pramzàn». Come pure la maschera cittadina «Dsèvod» ( signorilmente interpretata dal bravo Maurizio Trapelli), nel cestino che si porta appresso, non dimentica mai di deporre le violette. Nel cinquantesimo di fondazione della «Famija Pramzana», William Tedeschi, non solo abilissimo armonicista ma anche bravo grafico, realizzò un disegno, poi tramutatosi in cartolina, che fu molto apprezzato anche dagli «strajè» sparsi nel mondo per il suo messaggio di antica e sempre attuale parmigianità.
Lorenzo Sartorio