Appello
Riccardo Muti a politici e amministratori: «Riaprire al più presto Villa Sant'Agata»
Sta preparando un concerto con musiche di Salieri, il musicista compositore di Legnago, diventato il “dominus” della Vienna musicale, della seconda metà del Settecento, e accusato di aver avvelenato Mozart. «Una follia» dice il maestro Riccardo Muti: «Salieri aiutò Mozart in vita e, dopo la sua morte fu molto vicino al figlio, prodigandosi per lui». Insomma dove c’è un musicista italiano in difficoltà, Muti l’Arcitaliano, corre a spada tratta per difenderlo.
E quanto a italianità da conservare gelosamente, il Maestro mette sempre al primo posto Giuseppe Verdi. Pertanto, è con una certa apprensione che segue la vicenda della Villa Verdi di Sant’Agata…
Maestro Muti, lo Stato ha dunque acquisito la dimora di Sant’Agata, che, al centro di una complessa vicenda giudiziaria, era stata chiusa Il 1° novembre del 2022…
«Due anni: un’eternità! Sì, una cosa che ha lasciato esterrefatto mezzo mondo, tutti a chiedersi come mai non si sia riusciti a trovare un escamotage, qualcosa che consentisse di tenerla aperta, magari uno due giorni la settimana. E adesso dobbiamo riparare in fretta al torto fatto a Verdi, il Michelangelo della musica operistica».
Sembra invece che non sarà possibile fare in fretta: ci sono problemi di burocrazia, percorsi obbligati da rispettare...
«Senta, deve essere molto chiaro che qui l’Italia si gioca gran parte della sua già residua e assai scarsa considerazione mondiale. Verdi è uno dei padri della Patria, Senza Verdi non ci sarebbe stata l’Italia: è un artista europeo, raffinato, colto, preveggente; un Titano che ha portato il melodramma dall’Ottocento al Novecento. Ma ci rendiamo conto del danno culturale e sociale che abbiamo inferto alla civiltà, chiudendo per due anni Villa di Sant’Agata?».
È stata una tragedia, certo. Ma trattandosi di una vicenda delicata, con cifre notevoli in ballo, purtroppo si è dovuto percorrere la via giudiziaria...
«Ma insomma! Due anni non sono bazzecole! Non c’era modo di trovare una soluzione che permettesse una mezza giornata fruibile alle visite? Summum jus, summa injuria dicevano i latini, i nostro avi inventori del diritto. No, davvero non capisco come una nazione… Ma forse qui, per colpa nostra, il vocabolo “nazione” è fuori luogo. Ecco che ogni volta ci sia in ballo un qualcosa che dovrebbe unire, noi italiani ci dividiamo: e, peggio ancora, riteniamo che i simboli del nostro essere cittadini di una terra che ha dato i natali a menti eccelse, possano essere ignorati... Ma adesso comunque abbiamo l’occasione di rifarci».
Ma pare che bisognerà aspettare un bel po’ di tempo prima che la Villa torni ad essere visitabile...
«Ma perché? Ma per quanto tempo?».
Pare che occorrerà un altro anno…
«Ah sì? Ma allora vogliamo squalificarci del tutto agli occhi della pubblica opinione mondiale! Forse la sensibilità e l’orgoglio non sono più patrimonio nostro. Io, come cittadino e musicista italiano, vorrei rivolgere ai nostri governanti e amministratori pubblici, un invito a far sì che questa vicenda Verdiana venga risolta nel minor tempo possibile».
La volontà degli amministratori pubblici, a questo punto diventa determinante. Sono stati stanziati 360mila euro per l’immediato intervento per le cose più urgenti. La situazione non è allegra, il parco è distrutto, le piogge...
«Ma insomma, mi auguro che ovviamente la casa sia stata tenuta bene con una manutenzione...».
Niente affatto, Maestro Muti: dal 1° novembre ad oggi nessuno ha potuto mettere piede nei locali della villa, sbarrata e - ci si augura – inaccessibile...
«Bene, le meraviglie non sono dunque finite: ma i proprietari, i Carrara Verdi non potevano almeno loro, intervenire?».
Angiolo Carrara Verdi aveva proposto al Tribunale di Parma di poter restare in villa fino alla battuta d’asta che avrebbe dovuto concludere l’operazione. Gli risposero picche. Poi l’asta non ci fu perché lo Stato scelse la via dell’esproprio: offrendo ai Carrara Verdi 8 milioni di euro.
«Milioni, quanti? Si parlava di 30 poi di 20… Poi ho smesso di farmi venire emicranie al pensiero di Verdi misurato a milioni. Così come si parlava di milioni per il valore del famoso Baule di Verdi contente 5mila e passa manoscritti. Un nuovo mondo Verdiano nel quale sarebbe bello immergersi...».
È custodito all’Archivio di Stato di Parma. E oltre alla “digitalizzazione” - cioè il censimento e la messa in rete, a disposizione degli studiosi di Verdi, tutti i 5.400 fogli - è ancora in corso la trattativa pecuniaria tra Stato ed eredi…
«Fermiamoci qui! Mi tremano le vene e i polsi a sentir parlare di danaro, come e quanto valutare quella messe meravigliosa di appunti, spunti e indicazioni autografe di Verdi. Non saprei dove e come cominciare una valutazione... Però… Una sì …mi la sento di farla: un valore inestimabile. Come voler fare un prezzo all’infinito! Piuttosto speriamo che quel Baule sia ben custodito. E comunque anche nel campo della ricerca e delle edizioni critiche siamo messi male...».
C’è invece chi sostiene il contrario: cioè che Verdi venga eseguito meglio grazie alle nuove ricerche...
«Padronissimi di sostenere questa tesi: salvo darne dimostrazione reale, teatrale. A parte le messe in scena raccapriccianti di certi registi presuntuosi e ignoranti, è proprio dal punto di vista musicale, dell’interpretazione che Verdi - il compositore che più d’ogni altro ha lasciato scritte le sue note di regia, oltre a quelle dell’esecuzione - che il grande Bussetano viene tradito spesso anche vilipeso. Da direttori e cantanti alla ricerca dell’applauso circense, dell’effettaccio canoro più bieco, dilatando e restringendo i tempi, mettendo acuti là dove Verdi segnava pppp, 4p!’ come nel finale dell’aria “Celeste Aida”: il che significa “pianissimo”, tutto il contrario dell’acuto tonitruante che titilla la prava sensibilità di musicisti cialtroni. Che, così facendo, tra l’altro, ingannano il pubblico. Purtroppo i Toscanini e i Bergonzi non ci sono più. E più procede la ricerca delle volontà del compositore, di pari passo va la cattiva abitudine di esibire spettacoli indecenti».
Che fare, Maestro Muti, in questo panorama nient’affatto esaltante?
«Temo che sia tardi, troppo tardi. Le citavo prima Bergonzi e Toscanini. I quali hanno dedicato l’intera vita a combattere dalla parte del Verdi grande musicista, raffinatissimo, autore che mai è volgare. E’ il modo di interpretarlo che lo fa volgare: e ormai temo che l’abbiano vinta loro, questi guastatori del gusto capaci di rovinare l’effetto ricercato da Verdi, piazzando urlate anziché cantare».
Un esempio?
«Per carità! Già si lamentano e mi accusano di primadonnismo. Ogni anno a Ravenna tengo corsi per direzione d’orchestra nei quali metto a disposizione dei giovani gli insegnamenti avuti dai miei maestri, Nino Rota, Antonino Votto, da colleghi come Carlos Kleiber e von Karajan. E nel corso della mia fortunata carriera ho sempre cercato l’onestà intellettuale, insegnando con l’esempio, prima che con la parola».
Ma sono in molti a stimarla per questo suo impegno.
«Sarà come dice lei. Me lo auguro. Anche se l’amarezza è tanta. Ma è di Verdi e della Villa che dobbiamo occuparci prima di tutto. Facciamo sì che il mondo intero non abbia un motivo in più per sbeffeggiarci: troviamo il modo di riaprire quanto prima Sant’Agata. O sarà un tradire un padre della Patria».
Vittorio Testa