Le piante monumentali
Alberi, i 13 colossi che hanno visto il Risorgimento
Un monumento, un oggetto che resiste al tempo. Spesso non ci si accorge che esistono monumenti verdi, alberi che ci ricordano quanto siamo piccoli e fugaci nel corso del tempo. Sono tredici le magnificenze sparse in tutta la provincia (escluso il comune di Parma), presenti nel registro «Alberi monumentali italiani», gestito dalla direzione generale foreste del ministero dell’Agricoltura.
Partendo dal punto più lontano della Bassa, nella contrada Pallavicino a Polesine Zibello, ci sono tue tassi detti bagolari, dal nome della bacca, alti 22 metri con una circonferenza di 380 centimetri. L’età non è chiara ma si tratta di piante che possono arrivare a mille anni.
Fra il Taro e la campagna, a Sissa Trecasali, ci sono due platani alti 40 metri che sorvegliano l’ingresso di Villa Albertina, messi a dimora attorno al 1835, che oggi segnano la pista ciclabile fra Trecasali e il Taro.
Risale invece al 1840 la pianta simbolo del parco della Reggia ducale di Colorno, una zelcova innestata su un piede d’olmo che ha raggiunto quota 26 metri, pur avendo perso la sua compagna posta sull’altro lato del viale centrale che ora non c’è più.
A Viarolo è invece presente un pioppo bianco del genere populus che ha raggiunto 35 metri di altezza e 650 centimetri di base, la sua età non è però definita.
La piazza di Fontanellato conserva invece un platano acerifolia di 32 metri che fa parte del comprensorio della Rocca, edificio dallo stile tardogotico risalente a inizio XIV secolo. Non è chiara la sua età, ma la maestosità è indiscussa.
A Ghiara di Fontanellato è rimasto un solo platano dei due che costeggiavano l’ingresso di un podere. Viene definito come un «giovincello» appena entrato in graduatoria, alto 25,5 metri e nato forse nella seconda metà dell’800. L’altro, quello che non c’è più, era più grande e forse più vecchio ma è stato abbattuto perché pericoloso.
La Fondazione Magnani Rocca, poco fuori Traversetolo, oltre a conservare meravigliosi pezzi d’arte, possiede nel suo parco anche una sequoia. Una rarità botanica per la zona che attribuisce un valore aggiunto al paesaggio dall’alto dei suoi 40 metri. Fra gli altri alberi, sempre annoverati da Alberi monumentali italiani, c’è un cedro dell’Atlante di 30 metri di altezza definito «maestoso per portamento» e un platano alto 35 metri forse nato a metà 800 di cui viene sottolineato il valore aggiunto che contribuisce al paesaggio.
La particolarità del platano che si può trovare a Villa Caumont Caimi di Felino, sono i suoi rami bassi che arrivano fino a terra. Ha raggiunto i 37 metri e potrebbe essere nato nel periodo fra il 1800 e il 1875.
Salendo verso la montagna, a Tizzano, si può ammirare un faggio che dà il nome alla località Grande Faggio, con la sua chioma particolarmente ampia anche se l’età sembra essere un mistero.
L’immagine del santuario della Madonna di San Marco di Bedonia è caratterizzata da un cedro dell’Atlante alto 25 metri, ultimo rimasto di un intero viale alberato che portava a una cappella ora interna al santuario.
Ultima e forse più irraggiungibile è la pianta di 22 metri che fa parte di un gruppo di abeti bianchi autoctoni in località Fratte di Monchio delle Corti. Un relitto, testimonianza della passata diffusione della specie in montagna, selezionato in quanto esemplare secolare e tipico portamento a candelabro.
L'ELENCO
1) 2 Tassi
(Polesine Zibello, contrada Pallavicino)
2) 2 Platani
(Sissa Trecasali, Villa Albertina via Favaletto)
3) 1 Pioppo bianco
(Sissa Trecasali, Viarolo)
4) 1 Zelcova
(Colorno, Reggia ducale)
5) 1 Platano acerifolia
(Fontanellato, piazza Garibaldi)
6) 1 Platano
(Fontanellato, Ghiara, strada Bellena)
7) 1 Sequoia
(Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca)
8) 1 Platano
(Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca)
9) 1 Cedro atlante
(Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca)
10) 1 Platano
(Felino, Villa Caumont Caimi)
11) 1 Faggio
(Tizzano, località Grande Faggio)
12) 1 Cedro dell'Atlante
(Bedonia, via don Stefano Raffi)
13) 1 Abete bianco
(Monchio)
Fra leggenda e storia
La chioma nascondiglio e il tronco «salvatore»
Oltre agli alberi monumentali ci sono tanti aneddoti legati alla storia e ai luoghi a cui l’agronomo Mauro Carboni, esperto del settore, ha dedicato il libro «Monumenti viventi» pubblicato nel 2022 da Gazzetta di Parma. «La Zelcova della Reggia di Colorno - dice Carboni - è una pianta esotica, arrivata in Italia per dare valore al proprietario, una pianta molto particolare. Questa ancora di più perché innestata su un olmo. Negli anni Ottanta è stata colpita da un fulmine e quindi dimezzata». «A Ozzano - prosegue l’agronomo - c’è un grande cipresso (non censito, ndr) di 3-400 anni di età. Un libro racconta che, a fine 800, un uomo che uccise il fratello si nascose nella sua chioma per 30 giorni prima di fuggire fuori dal Ducato». «I Gelsi di Costamezzana - racconta Carboni - hanno salvato una donna scagliata nel grande tronco cavo a causa di una bomba esplosa lì vicino: rischiava di cadere in un dirupo. C’è infine la vicenda del grande faggio di Schia, nel 1913 don Antonio Valenti pagò l’equivalente in legna per non far tagliare la pianta, che ancora oggi possiamo osservare».
Silvio Marvisi