Medicina
Trapianto di rene, le storie di rinascita di Luca e Tommaso
C'è l'affetto di chi è stato loro vicino. C'è un «grazie» infinito ai medici e agli infermieri e «a quell'angelo di cui non conosciamo l'identità» che ha salvato loro la vita. Li ha fatti «rinascere». Due storie diverse, due vite «nuove», quelle di Luca Colli (49 anni) e Tommaso Lo Duca (71 anni), entrambi trapiantati di rene.
L' «avventura» di Luca inizia da giovanissimo: «A 20 anni ho scoperto di avere una nefrite cronica - spiega -: una sentenza difficile da ascoltare per un giovane calciatore». Se la ricorda bene quella frase del primo medico che lo ha preso in cura: «Stando agli esami tra tre anni dovrai affrontare la dialisi», gli aveva detto senza troppi giri di parole. Gli anni passano, le cure danno i loro primi risultati: «Da tre anni siamo passati a 13 - ride -: grazie anche allo sport». Dopo anni e due figli, una sera - era il 27 aprile 2015 - alle 21,30 ecco la telefonata: «Abbiamo un rene per te». L'operazione va per il meglio, ma nei mesi successivi saranno diversi i problemi. «Dopo due anni però sono rinato - racconta Colli, che abita a Montecchio Emilia -: la prima cosa che ho chiesto al medico è stata di poter tornare a fare sport». Così ecco i primi allenamenti a tennis, poi l'incontro con l'Aned, l'associazione nazionale emodializzati, dialisi e trapianto. Luca vince i primi match a tennis. La stoffa del campione rimane, nonostante il tempo e gli imprevisti. «Nel 2023 ho partecipato ai Mondiali in Australia: ho vinto la medaglia d'argento nel calcio e il bronzo nel doppio di tennis». E l'anno scorso agli Europei di Lisbona si è portato a casa due ori. Anche adesso lo sport «rimane un pilastro fondamentale - ammette - grazie al quale riesco anche a divulgare un messaggio, incontrare i ragazzi nelle scuole: grazie al sì di una persona sulla carta d'identità, io sono qui». Tanti gli incontri, uno anche il 26 aprile: dalle 11 alle 13 al liceo D'Arzo, dalle 15 alle 18 al centro sportivo Notari e dalle 20,30 nel salone dell' oratorio di Montecchio Emilia Tutto «per sensibilizzare».
La storia di Tommaso Lo Duca è diversa. Per lui la differenza l'ha fatta l'amore. Quello di sua moglie, che una volta arrivata la diagnosi non ha avuto dubbi: «Il rene glielo dono io». Quando parla di quei momenti, Tommaso ancora si commuove. «Sembra di essere ancora lì», rivela. Lì, quando saluta sua moglie prima dell'intervento, quando si promettono ancora amore con lo sguardo, dietro il vetro di un corridoio di ospedale. Se lo ricorda bene quel giorno: era il 21 novembre 2013. Una data che segnerà definitivamente un prima e un dopo: «Prima dovevo fare la dialisi ogni 5 ore, tutti i giorni - racconta -: mi ero abituato, essendo una dialisi peritoneale mi riuscivo ad organizzare, riuscivo anche ad andare al mare». Ma dopo il trapianto «sono rinato».
Durante tutto questo percorso «mi sono sentito preso per mano, accompagnato - racconta Lo Duca -: i medici, gli infermieri e tutto lo staff sono diventati preziosi compagni di viaggio: mi sono sempre sentito accolto, coccolato». Adesso Tommaso è in pensione e si dedica ai suoi nipotini. Si sentono le loro voci in sottofondo: «Se non mi fossi sottoposto al trapianto non sarei qui, adesso», si commuove. Basta guardarsi attorno, pensare all'amore smisurato di sua moglie, della sua famiglia, per sentirsi «estremamente fortunato». Strano sentirselo dire da chi ha dovuto combattere una vita. «Sono qui, lo posso raccontare: sono felice - chiosa Tommaso -: ogni momento, ora, passa dal mio cuore».
Anna Pinazzi