La Mobile cerca il mandante
Dottoressa aggredita a calci pugni e sputi da tre persone in via Vasari. Spedizione punitiva?
Sette e mezza del mattino, sede dell'Ausl di via Vasari: una dottoressa sta entrando per prendere servizio quando viene avvicinata da un uomo e una donna che la stanno, evidentemente, aspettando. Non sono lì per una visita o un consulto, però. Ma per fare male.
E lo si capisce subito visto che senza perdere tempo l'aggrediscono, le strappano la borsa, la prendono a botte e la graffiano, la colpiscono e le sputano. Poi, come se nulla fosse, salgono su una macchina che li aspetta a due passi con un uomo al volante e scappano.
Sembra una scena da film ma è quanto è successo qualche decina di giorni fa. E solo ora, grazie al lavoro della Squadra mobile della questura si è scoperto chi sono quei due e il loro complice. E si comincia ad intuire che non si è trattata di una rapina. Ma di qualcosa che, se possibile, spaventa ancora di più.
La dottoressa, ferita e scossa, dopo l'aggressione ovviamente ha chiesto aiuto e sul posto sono arrivati gli uomini della polizia di Stato che hanno iniziato una veloce indagine. Non c'era tempo da perdere per cercare di identificare i responsabili: ma la tecnologia e l'intuito degli investigatori ha subito permesso di scoprire una pista.
Nella borsa la vittima, infatti, aveva un localizzatore wireless che ha consentito di seguire, tramite un cellulare, gli spostamenti dei due balordi. Che, fatto strano, subito dopo il colpo, hanno imboccato l'autostrada diretti a Varese.
Non solo: una telecamera ha ripreso il terzo uomo, quello al volante, permettendo di avere dei dettagli anche su di lui. Per iniziare la caccia era più che abbastanza.
I poliziotti della Mobile, coordinati dal vice questore Filippo Cocca, hanno così iniziato a seguire la traccia virtuale lasciata dal quel localizzatore arrivando a Varese e rintracciando la macchina usata per il colpo. Tutto bene quindi, caso risolto? Non proprio. Perché se i due colpevoli erano a pochi passi, occorreva incastrarli e soprattutto capire perché tre persone abbiano deciso di affrontare quasi 200 km per rapinare una persona. Senza poter contare di certo su un grosso bottino.
Per trovare queste risposte i poliziotti della Mobile hanno perquisito la macchina usata per il colpo dove sono stati trovati parte degli oggetti rubati poco prima alla vittima. Ma non solo: l'uomo e la donna, soggetti già noti alle forze dell'ordine, sono stati visti uscire dalla casa di un terzo uomo, più adulto, la cui immagine è stata confrontata con quella ripresa dalle telecamere di via Vasari. Il quadro pareva chiuso: ma in realtà si è complicato ulteriormente.
I due fermati hanno infatti ammesso che quell'uomo è in realtà lo zio di uno di loro e che lo stesso li aveva ingaggiati e pagati per fare questa spedizione a Parma. E per farlo si era preoccupato di trovare una vettura a noleggio e gestire la logistica della trasferta.
Lo abbiamo detto prima: per una rapina tutto questo non ha nessun senso. Ma quasi certamente c'è dell'altro. Gli investigatori non confermano ma sembrerebbe che si sia trattata di una spedizione punitiva voluta da qualcuno che ha motivi di rancore nei confronti della dottoressa. E che per questo ha assoldato un malavitoso che, a sua volta, ha pagato i due aggressori.
Molti dettagli dovranno essere ancora chiariti, molti aspetti attendono una conferma. Ma intanto i tre sono stati fermati, lo zio-organizzatore è in cella e si sta cercando il vero mandante, quello che ha pagato per fare aggredire la dottoressa. Sul motivo si possono fare solo ipotesi: ma pensare che qualcuno con cui hai condiviso parte della tua vita prepari una simile trappola suona davvero spaventoso. I lividi dell'aggressione, per fortuna, passano. La paura per una simile esperienza, quella no: è molto più difficili da curare.
Luca Pelagatti