Intervista
Stefano Zinetti alla guida dell'Orchestra dell'Università di Parma: «Dirigo da artigiano»
Una figura decisamente eclettica è quella di Stefano Zinetti, classe 1984, trasferitosi da Bergamo a Parma quasi quindici anni fa per studiare architettura, decidendo poi di dedicare completamente la sua vita alla musica, come docente, strumentista e, negli ultimi anni come direttore dell’Orchestra dell’Università di Parma, formata di base da una trentina di musicisti tra studenti delle varie facoltà ma anche del Conservatorio «Boito» e del Liceo Musicale «Bertolucci».
Come hanno convissuto la musica e l’architettura?
«Sono sempre stati due percorsi paralleli: quando sono arrivato a Parma sono tornato in Conservatorio, facendo il biennio di Clarinetto, perché avevo bisogno di riprendere a studiare in modo attivo, non solamente quando avevo un concerto o una produzione. Mi serviva qualcuno che mi tenesse sotto scacco come in un allenamento. Alla fine ho deciso che il mio percorso sarebbe stato questo: architettura è sempre stato il “piano B”».
Ristrutturandosi la casa da solo e costruendo strumenti per i suoi allievi ha sempre dimostrato anche una grande capacità nel realizzare le cose...
«La parte pratica l'ho sempre avuta: mio padre era artigiano e mi ha insegnato molto la manualità, mi sono sempre arrangiato a costruire tutto. Mi piace anche farlo. Anche molte cose per l’orchestra le ho costruite da zero perché erano molto costose: ho preso i modelli e me le sono ricreate perché ci servivano».
Partendo dal clarinetto, come si è avvicinato alla direzione?
«Iniziando a insegnare nelle scuole di musica, ho cominciato a dirigere le formazioni dei ragazzi. La cosa mi piaceva e mi ha portato a realizzare arrangiamenti studiando le partiture, studiando le relazioni armoniche. Sono tutte cose che si ritrovano nella direzione di orchestra, oltre alla ricerca di una gestualità per trasmettere l’idea musicale: tutto questo mi ha spinto ad approfondire gli studi. Ho avuto una tecnica di base molto solida che mi ha dato il maestro Santorsola, proseguendo poi con il maestro Agiman. C’è ancora un lunghissimo percorso da fare: ho delle capacità, ma devo ancora affinarle. Purtroppo le giornate hanno soltanto ventiquattr’ore».
Cosa l'ha spinta a darsi sempre tanto da fare?
«In un periodo critico nel quale le occasioni per suonare e continuare a fare esperienza erano sempre di meno, mi sono sentito che non dovesse arrivarmi niente da nessuno. Sono andato avanti con iniziative personali, riuscendo a ingrandirle sempre di più, cercando di dare la possibilità a dei ragazzi di provare a mettersi in gioco in questo mondo, al di là del meccanismo delle audizioni che spesso portano le persone a non essere valutate in modo corretto ed efficace».
Come si è avvicinato al compositore francese, di origine italiana, Alexandre Luigini?
«È un progetto nato per caso. Mi era venuta l’idea di fare un programma con musiche che arrivassero da diverse parti del mondo, contaminate da forme e sonorità “etniche”. Con mia moglie abbiamo scoperto il “Balletto Egiziano” di Alexandre Luigini, che veniva inserito nell’”Aida”. Lo abbiamo ascoltato in una versione registrata dalla London Symphony Orchestra e l’abbiamo trovato molto bello, con una scrittura strumentale molto accurata. Ho cominciato ad approfondire questo autore e ho trovato una marea di materiale, con anche l’aiuto del musicologo Ruben Vernazza. Ho trovato tantissimi articoli che parlavano di questo compositore e ho capito che nella sua epoca era molto importante. Era compositore, violinista e direttore, anche all’Opera di Lione e dell’Opera Comique di Parigi: aveva studiato composizione con Massenet ed era amico intimo di Sarasate di Saint-Saëns. Quest’ultimo ha fatto anche delle trascrizioni per pianoforte delle sue composizioni e credo che il tema del leone nel suo celebre “Carnevale degli animali” sia un omaggio al “Balletto Egiziano”. Nel 2023, con l’Orchestra dell’Università, abbiamo fatto la registrazione di due composizioni».
Prossimi impegni?
«Abbiamo due concerti su Morricone, per il quinto anno della scomparsa del compositore, uno il 17 maggio a Clusone, in provincia di Bergamo, e un il 31 dello stesso mese a Collecchio, al Teatro Crystal».
Giulio A. Bocchi