Torrile

Addio a Remo Fanfoni, «padre» del Ducathotel

Chiara De Carli

Si è spento ieri mattina Remo Fanfoni, 81 anni, fondatore e anima del Ducathotel di San Polo.

Un uomo tutto d’un pezzo, che ha attraversato la vita con determinazione, sacrificio e un’idea chiara in testa: accogliere le persone con autenticità.

Dietro il suo carattere diretto – a volte spigoloso – si nascondevano gesti silenziosi ma profondi, e chi lo conosceva bene sapeva che quel suo modo schietto era solo la scorza di un cuore grande.

La sua è stata una vita di lavoro cominciata presto, a 14 anni, da commis di sala. Da lì in avanti, non si è più fermato. La carriera lo ha portato nei grandi hotel d’Europa: Sankt Moritz, Monaco, Montecarlo, Parigi, Darmstadt.

A 24 anni era già responsabile di un ristorante in Germania, dove ha stretto legami di amicizia che sarebbero durati tutta la vita. Ma quando stava per partire per l’Inghilterra, la vita gli ha presentato qualcosa di ancora più importante: la nascita della figlia Laura. E allora Remo ha scelto di tornare nella sua terra, mettendo la famiglia davanti a tutto.

Insieme alla moglie Adriana, ha gestito per diciotto anni la mensa dello stabilimento Eridania di San Quirico, un’esperienza che ha rafforzato il suo legame con il territorio e che ha segnato l’inizio di una lunga avventura nell’accoglienza.

Nel 1985, la grande svolta: Remo e Adriana aprono il Ducathotel, trasformando la vecchia podesteria di San Polo in un albergo che, negli anni, sarebbe diventato molto più di una semplice struttura ricettiva. Per tanti era davvero una seconda casa, e il merito era di quella combinazione unica: l’accoglienza schietta e concreta di Remo, i manicaretti di Adriana e le sue torte buonissime che ancora oggi tutti ricordano.

L’albergo era la sua creatura: lo trovavi lì, dietro il bancone della reception, pronto a lanciare una risposta secca a chi provava a scherzare, ma anche ad accogliere con uno sguardo chi tornava per l’ennesima volta. Remo conosceva tutti i clienti storici, sapeva cosa gradivano a colazione, quale camera preferivano, quando avevano bisogno di silenzio e quando invece di una parola. Non c’era dettaglio che gli sfuggisse, né situazione su cui non dicesse la sua. Le sue convinzioni le difendeva con forza, a volte con toni decisi. Sempre con la passione di chi ha a cuore quello che fa e il posto in cui vive. E anche quando l’età avrebbe consigliato di godersi il riposo, con il «timone» lasciato ormai da tempo ai figli Andrea e Laura, non si è mai davvero fermato: passava in hotel ogni giorno, controllava, salutava chi c’era da sempre.

Ma accanto al Remo albergatore c’era il Remo «di casa»: il nonno paziente oltre ogni immaginazione, innamorato dei suoi tre nipoti: Francesca, Davide e Aurora. A loro, e a tutta la sua famiglia, lascia molto più di un albergo: ha lasciato l’esempio di una vita costruita con le mani e con il cuore, giorno dopo giorno, senza scorciatoie. Un esempio che resterà vivo non solo nei suoi cari, ma anche nella memoria di un paese intero.

Per dargli l’ultimo saluto, oggi, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17, sarà aperta la sala del commiato al San Mauro Abate e questa sera alle 20,30 sarà recitato il rosario nella chiesa di San Polo. I funerali si terranno invece domani, giovedì, alle 10, sempre nella chiesa parrocchiale.

Chiara De Carli