Parma Calcio
La difesa, il cuore grande, il «noi»: così, in 64 giorni, Chivu ha riscritto la storia crociata
Cristian Chivu piace perché è il ritratto dell'umiltà, del condottiero operoso che in prima linea si mette solo (e non è poco...) quando c'è da dare battaglia. Mai per il puro piacere di apparire o di autoincensarsi. Un'integrità morale che il tecnico rumeno esibisce anche dopo una vittoria esaltante contro la Juve, che vale ben più di mezza salvezza.
Chivu accantona i complimenti che gli vengono rivolti. O meglio li incassa, ringraziando chi glieli fa, per poi distribuirli al gruppo, ancora una volta messo sopra ogni cosa. «Qui non esiste l'io, esiste il noi» ha ribadito mercoledì sera, in sala stampa. Perché, ai fini della missione del Parma, «non sono importanti le mie idee o il mio modo di concepire il calcio. Conta solo la salvezza, che questi ragazzi meritano».
La maturità che Chivu esalta parlando dei suoi giocatori la ritroviamo nell'allenatore che, alla sua prima esperienza su una panchina di serie A, ha anteposto le pur legittime ambizioni personali («In questa situazione non mi interessava affatto di dimostrare di essere un grande allenatore», altra perla di saggezza) alla necessità di trovare l'equilibrio e la continuità necessaria per restare in A, predicando - a se stesso in primis - l'arte della «flessibilità».
In 64 giorni, partendo da quel 18 febbraio in cui mise piede a Parma e giungendo alla magia vissuta due sere fa, Chivu ha letteralmente «cambiato» il corso della storia crociata, rivitalizzando un ambiente depresso attraverso concetti semplici. Responsabilizzando il gruppo, prima di tutto, ma senza per questo caricarlo di eccessive pressioni. Serenità, la parola d'ordine.
E poi, sul piano squisitamente pratico, registrando la difesa: la rincorsa del Parma (che non prende gol da 225', ndr) è partita da lì. Delprato, Valenti, Leoni. Ma non solo. Persino Bonny e Pellegrino, attaccanti che come rimarcato dallo stesso Chivu nel post Juve, si sacrificano anche in fase di copertura. Segno di un «cuore grande», giusto per coniare un'altra definizione cara al tecnico e che fa rima con cultura del lavoro. Un marchio di fabbrica. In perfetto «stile Chivu».
Vittorio Rotolo