NEONATI MORTI

Duplice omicidio premeditato, chiesto il rinvio a giudizio per Chiara Petrolini. La difesa: «Chiederemo la perizia psichiatrica»

Georgia Azzali

 Chiara che nasconde il suo segreto. E partorisce, sola, in casa, Il primo bambino, nato nel maggio 2023, di cui sono stati ritrovati solo poveri resti. Poi, la replica di quell'orrore: il secondo figlio, nascosto al mondo e venuto alla luce, la sera del 7 agosto 2024, nella villetta di Vignale senza rivelare nulla alla famiglia. E tutti e due sepolti, a poca distanza, nell'aiuola sotto la finestra della sua camera da letto. Atti meditati, secondo il procuratore Alfonso D'Avino e la pm Francesca Arienti. Che ora hanno chiesto il rinvio a giudizio di Chiara Petrolini, 22 anni il prossimo luglio, agli arresti domiciliari dal 20 settembre scorso, accusata di duplice omicidio (entrambi aggravati dalla premeditazione e dal rapporto di discendenza) e soppressione di tutti e due i cadaveri. L'udienza preliminare è stata fissata per il 16 maggio davanti alla gup Gabriella Orsi.

D'Avino: «Delitti pianificati»

Nessuna marcia indietro da parte della procura: i reati sono i medesimi contestati nell'avviso di conclusione delle indagini. «In entrambe le gravidanze la ragazza ha agito in modo analogo: nessun consulto medico, nessun esame e poi quelle ricerche online su come nascondere la gravidanza e liberarsi del bambino che evidenziavano la sua volontà di liberarsene - spiega D'Avino -. Il Riesame, poi, ha confermato il quadro indiziario: da qui la decisione di contestare la premeditazione per entrambi gli omicidi e la soppressione dei corpi».

Le relazioni medico-legali

Premeditazione e rapporto di discendenza, entrambe aggravanti da ergastolo. Del primo bimbo di Chiara, erano state ritrovate solo le ossa, da cui, come era prevedibile, era stato particolarmente complesso ottenere delle risposte. La conclusione a cui erano arrivate le consulenti della procura, il medico legale Valentina Bugelli e l'antropologa forense Francesca Magli, non forniva certezze assolute, data la totale «assenza di strutture molli o tessuti cartilaginei», tuttavia era stato delineato un quadro che è ben più di un'ipotesi: «E' del tutto prospettabile che la causa del decesso non sia da ascriversi ad una Mef (morte endouterina fetale, ndr) ante partum», si leggeva nella relazione. Ed è ciò che ha convinto la procura a procedere nella direzione dell'omicidio, considerando anche, come si sottolinea nella richiesta di rinvio a giudizio che «il parto è avvenuto alla 40esima settimana», ossia a termine, «il bambino non era affetto da patologie cromosomiche» e non risulta ci siano state problematiche durante il parto in casa. Ma perché sarebbe morto? Come nel caso del secondogenito, su cui l'autopsia è arrivata a conclusioni certe, è ipotizzabile che il piccolo sia morto dissanguato per l'emorragia che si è scatenata dopo il taglio del cordone ombelicale. D'altra parte, tra le poche ammissioni di Chiara c'è proprio quella di aver rescisso il cordone senza sapere che avrebbe dovuto «chiudere» i vasi sanguigni.

Sulla premeditazione, invece, hanno pesato le scelte fatte da Chiara dopo aver saputo di essere incinta: ha deciso di non dire nulla, non si è affidata a nessuno specialista e ha partorito in casa da sola. Nove mesi, in cui avrebbe portato avanti il piano di far nascere entrambi i figli per poi liberarsene.

La difesa: «Perizia psichiatrica»

Il mondo di Chiara. Da esplorare. La studentessa universitaria, attenta e amorevole come baby sitter, che però ha saputo convivere con il ricordo di un primo figlio partorito e poi sotterrato. La ragazza che poi ha ripetuto quell'atrocità. Sia l'accusa che la difesa hanno portato avanti consulenze psichiatriche di parte. In particolare, quella della Procura è arrivata alla conclusione della sua capacità di stare in giudizio, pur non escludendo aspetti «oscuri» della sua personalità. Dall'altra parte, un primo accertamento della difesa, presentato dall'avvocato Nicola Tria in vista dell'udienza del Riesame di ottobre, evidenziava «una condizione psicopatologica afferente ai disturbi della personalità che, per gravità, è fortemente suggestiva di un riverbero sull'imputabilità». Due conclusioni divergenti , così la difesa chiederà una perizia psichiatrica: «Sicuramente percorreremo questa strada - spiega Tria -. Valuterò, però, se farlo in udienza preliminare o davanti alla Corte d'assise».

Processo in Corte d'assise

Un'istanza che potrebbe già essere presentata in udienza preliminare, ma che forse più probabilmente sarà avanzata alla Corte d'assise. Perché è davanti a una giuria popolare, presieduta da un magistrato togato e uno a latere, che sarà celebrato il processo. Un'eventuale richiesta di rito abbreviato sarebbe dichiarata inammissibile considerando le aggravanti da ergastolo. Anche nell'ipotesi in cui il gup facesse cadere la premeditazione, rimarrebbe inscalfibile quella dell'omicidio del figlio, anche questa da ergastolo.

Domiciliari e futuro

L'udienza preliminare potrebbe scivolare via piuttosto in fretta, salvo questioni o eccezioni particolari della difesa. E Chiara? Rimarrà ai domiciliari, fino a una nuova decisione del Riesame, a cui la Cassazione ha rinviato la decisione dopo aver annullato, il 25 febbraio, il provvedimento che stabiliva il carcere. Ma la nuova udienza davanti ai giudici bolognesi non è ancora stata fissata. E anche questa decisione potrà eventualmente essere impugnata in Cassazione. Insomma, tempi lunghi.

Ma l'attenzione, ora, è puntata all'aula di Tribunale. Al primo atto di questo processo. Per tentare di scavare nell'abisso di questa storia.

Georgia Azzali