Maxi truffa

Il finto maresciallo gli svuota il conto: spariti 180mila euro

Roberto Longoni

Telefonate che non allungano la vita (anzi, forse il contrario) ma prosciugano i risparmi. Siamo sulla nuova frontiera dei truffatori seriali, quella dove si inghiotte l'intero contenuto dei conti corrente. A un cinquantenne professionista parmigiano essere stato messo al centro del mirino dei famigerati finti carabinieri rischiava di costare 180mila euro. L'intervento della Procura ha permesso di recuperarne oltre la metà, ma i malviventi possono essere comunque soddisfatti del grasso bottino, proporzionale all'amara rabbia della vittima.

Nel suo caso (ma è facile immaginare si tratti di una trafila standard, magari ripetuta anche mentre si scrive questo articolo) tutto è cominciato con l'arrivo di un sms. Il messaggio, apparentemente inviato dalla stessa banca di riferimento del cinquantenne, avvertiva che dal suo conto stava per essere versato un bonifico da 10mila euro in favore di non si sa bene chi. A mo' di saluto, l'avviso: «Se non sei stato tu a effettuare l'operazione, chiama urgentemente questo numero». Cosa che il cinquantenne ha fatto, sentendosi rispondere da un tizio che si è qualificato come maresciallo tal dei tali. «Se non crede che sia un carabiniere, la richiamo con il fisso della caserma» ha detto piccato lo sconosciuto, chiudendo la conversazione.

Un attimo dopo, sul cellulare del professionista è comparso proprio il numero dei carabinieri. «Mi crede ora?». Quasi offeso, lo sconosciuto, che parlava in viva voce con un complice, ha raccontato che nell'istituto di credito di riferimento del cinquantenne c'era almeno un dipendente infedele. «Il suo conto rischia di essere svuotato» ha aggiunto. Su questo punto, almeno, era sincero. Profetico. Non solo il conto corrente del professionista sarebbe stato a rischio, ma anche la sua fedina penale, secondo gli pseudo carabinieri. «Le sia ben chiaro: siamo nel mezzo di un'inchiesta - hanno continuato i due -. Se rivela qualcosa della nostra conversazione, l'arrestiamo per favoreggiamento». E giù angoscia, in un crescendo di confusione nella mente della vittima della truffa, alla quale veniva impedito di fare altro che stare al telefono, intrappolata in conversazioni lunghe dai dieci minuti al paio d'ore.

Intanto, però, i finti carabinieri hanno costretto il cinquantenne ad andare in banca, per emettere una serie di bonifici. «Mettiamo al sicuro i suoi risparmi» gli dicevano, assicurandogli che gli Iban dettati in diretta durante la compilazione corrispondevano a conti di «colleghi» (e forse anche qui dicevano la verità, magari riferendosi a complici). Così, 180mila euro che fino ad allora erano stati al sicuro sono stati messi nelle loro grinfie. Operazione compiuta sotto l'occhio sospettoso del cassiere, al quale ovviamente la vittima non ha potuto dire nulla. Così come le è stato impedito di chiudere la conversazione fino all'ora di cena. «Dobbiamo tenerla monitorata» era la scusa.

Brutale il risveglio (ammesso che il cinquantenne fosse riuscito ad addormentarsi) l'indomani alle 7,30. Una telefonata annunciava che alcuni bonifici non erano andati a buon fine. Lui li ha così ripetuti, costretto poi a inviare via whatsapp le loro ricevute. Poi, sempre più nel panico, lui stesso ha fatto presente di avere un conto anche su Bancoposta (a questo punto, il fantomatico dipendente infedele era ovunque nella sua mente). Nell'intimargli di andare subito nell'ufficio postale di un paese vicino, i truffatori, che chiamavano da chissà dove, si sono traditi, storpiando il nome della località. A questo punto, il cinquantenne ha chiuso con loro e ha chiamato la banca, per bloccare i bonifici. «Impossibile - gli è stato risposto - erano istantanei, come chiesto da lei».

Pochi minuti dopo, accompagnato dall'avvocato Mario L'Insalata, il professionista era a denunciare la «stangata» appena subita. «La Procura, che si ringrazia per la tempestività e l'accuratezza delle indagini - dice il legale - è riuscita a recuperare oltre metà della somma». Ma all'appello mancano decine di migliaia di euro. Oltre che i responsabili della truffa. Difficile che i loro cellulari siano ancora attivi e che abbiano acceso i conti «di raccolta» presentando documenti veri. Facile che siano ancora all'opera: nella nostra zona sono numerosi i tentativi di «replica» segnalati in questi giorni.

Roberto Longoni