La Toscanini
Carolin Widmann oggi alla Feltrinelli: «Violino, che passione»
Nella chiusura della stagione concertistica della Toscanini sembra emergere come protagonista Carolin Widmann che si esibirà all’Auditorium Paganini, domani sera alle 20.30 e domenica pomeriggio alle 17, come solista nel Concerto per violino di Richard Strauss, sotto la direzione di Thomas Sanderling. Il programma dal titolo «Rivoluzioni» includerà anche la Sinfonia n.5 di Dmitrij Šostakovič.
Non è questo, però, l’unico evento che coinvolge la violinista tedesca, artista in residenza per questa stagione della Toscanini, che oggi alle 18 si presenterà alla libreria Feltrinelli di via Farini per il format «Music Club: cosa leggono i musicisti».
Mercoledì sera, inoltre, si è esibita alla Sala Gavazzeni del CPM per la rassegna «Grandi Interpreti» insieme alla spalla dell’orchestra Mihaela Costea, alle violiste Carmen Condur e Ilaria Negrotti e ai violoncellisti Pietro Nappi e Vincenzo Fossanova. In questa occasione si sono esibiti in due sestetti estremamente diversi, ma che insieme hanno potuto esporre appieno le potenzialità espressive di questo ensemble. Se da quello di Erwin Schulhoff è emerso un grande senso di orrore e di pietà ispirati dalla Grande Guerra, in cui idealmente non c’è uno strumento principale, in quello di Pëtr Il’ič Čajkovskij, dedicato a Firenze, e immerso in un romanticismo non privo di qualche inquietudine, ma decisamente più sereno, sono ben marcati i rapporti gerarchici tra gli strumenti. Il pubblico li ha applauditi in modo molto caloroso.
Come è entrata in contatto con il violino?
«Avevo sei anni e ho assistito ad un concerto con “Il carnevale degli animali” di Saint-Saëns. Mia madre era un’insegnate, ma suonava anche in un’orchestra non professionale: in Germania c’è una grande tradizione di questo tipo di orchestre. Quando ho ascoltato questa questa meravigliosa composizione con i violinisti in costume, ho deciso che avrei voluto imparare questo strumento. Ho dovuto insistere a lungo con i miei genitori perché pensavano che questo desiderio non fosse serio. Alla fine hanno ceduto e quando avevo sette anni mi hanno cercato un insegnante: è stato in questo momento che è iniziato il mio viaggio».
Che differenza c’è tra essere solista e suonare in sestetto?
«Ho sempre pensato che un solista sia anche un musicista da camera, solo su una scala più grande. Sicuramente in un sestetto c’è una maggiore interazione tra i musicisti: adoro suonare qui a Parma con dei cari colleghi dell’orchestra, con i quali ho già suonato nei concerti del passato, per fare brani stupendi come il sestetto di Schulhoff e quello di Čajkovskij. Sono due composizioni speciali e potremo suonare ognuno con la stessa importanza. È questa la cosa più bella e più umana della musica da camera: dare un impulso e riceverlo per fare musica in una comunità di sei persone. Sicuramente possiamo prestare più attenzione ai dettagli e avere una maggiore gamma dinamica con dei veri pianissimi».
Com’è il suo rapporto con Parma e con la Toscanini?
«Mi sono veramente innamorata di Parma quando sono arrivata qua per la prima volta. Mi piace il cibo, come il prosciutto e il formaggio, ma anche la città e quando ho l’occasione faccio una passeggiata tra le strade prendendo un caffè o un bicchiere di vino. Il rapporto con la Toscanini è speciale e mi sento privilegiata per aver potuto dirigerla come solista nei concerti di Schumann e Mendelssohn e ho potuto interagire con ogni musicista. Spero che questa collaborazione si mantenga a lungo, che si rafforzi sempre di più e che questa storia d’amore continui per molto tempo».
Giulio Alessandro Bocchi