L'intervista
Levi Valdo saluta la Fulgor: «La Ncaa mi aspetta, ma Fidenza resterà nel mio cuore»
«Quando la mia mamma ha saputo che sarei andato in un college negli Stati Uniti, il basket non le è nemmeno passato per la testa. Si è raccomandata piuttosto che studiassi...». In questa frase c'è tutto il «mondo» di Levi Valdo. Ci sono i valori, i sentimenti, l'umiltà. La guardia camerunense della Fulgor Fidenza si prepara a sbarcare nella Ncaa, praticamente il gotha mondiale della pallacanestro a livello giovanile. Il giocatore, classe 2005, reduce da due stagioni altamente positive con i gialloblu, ha infatti appena firmato con la University of Northern Iowa. E quasi non ci crede ancora. «In effetti mi sento un po' frastornato, dentro vivo un tumulto di emozioni. è come se stessi cominciando una seconda vita».
Valdo, torniamo alle buone raccomandazioni che le ha fatto mamma.
«Per lei, giustamente, lo studio deve avere priorità assoluta: è la base su cui costruire il futuro. E anche io credo che andare in America possa costituire una straordinaria opportunità in questo senso».
Ha già scelto il suo percorso di studi?
«Ancora no, ma lo farò in tempi brevi. In questo periodo sono focalizzato sulla maturità: qui frequento un istituto tecnico a indirizzo Economico-turistico. Per l'università, il ventaglio di scelta è ampio».
La sua storia sportiva parte da molto lontano.
«Dal Camerun, dove sono nato. Il primo pallone da basket me lo ha messo fra le mani papà: è stato lui a trasmettermi la passione per questa disciplina. Nella mia testa è scattata qualcosa, non saprei come definirla. Ho sentito che dovevo impegnarmi nella pallacanestro, migliorare: solo così avrei potuto aspirare, un giorno, a diventare un vero giocatore. “Devo farlo”, mi sono detto. Per papà».
I suoi primi passi?
«In uno dei camp organizzati dall'attuale coach della Fulgor, Stefano Bizzozi, che con la sua associazione porta avanti progetti davvero lodevoli nei paesi africani. La prima volta che andai lì me ne stavo in disparte, col mio pallone: palleggiavo e guardavo i più grandi. Due anni dopo sono tornato e ho capito che del basket non avrei potuto più fare a meno».
Chi è per lei coach Bizzozi?
«Un maestro. In Italia mi ha portato lui, a Varese. Era il 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia. Avevo solo 15 anni. Con Stefano si è creato subito un legame forte. Quando è stato ingaggiato dalla Fulgor, nel 2023, mi ha chiesto di seguirlo».
E Valdo è esploso.
«Non solo Valdo. Sono state due stagioni bellissime per il club, per la squadra, per i tifosi. La promozione in B nazionale, poi quest'anno la salvezza e la qualificazione ai play-off. Tutto questo con un roster giovanissimo, in larga parte impegnato anche con l'Under 19 Eccellenza».
Peccato non essere arrivati in fondo, nelle finali nazionali Under 19.
«Un epilogo che ha lasciato l'amaro in bocca: abbiamo espresso sempre una buona pallacanestro. Lo scudetto è andato all'Olimpia Milano che noi avevamo battuto due volte su due nella regular season: segno che il nostro gruppo aveva le carte in regola per puntare al titolo».
Tutti si chiedono quale sia il segreto della Fulgor.
«Programmazione del club, competenza dello staff tecnico. Ma soprattutto l'unione: il nostro è un gruppo di amici. Passiamo molte ore in palestra, ma ci vediamo anche fuori: mangiamo insieme dopo l'allenamento, condividiamo un mucchio di cose. Al capitano (Milo Galli, ndr) e ai compagni più grandi basta poco per capire se uno di noi ha un problema, non necessariamente legato al basket. Esiste un dialogo aperto nello spogliatoio della Fulgor e anche tra noi e la dirigenza, a cominciare dal presidente Orlandi: ho trovato una sensibilità e una carica umana che non è affatto comune».
E Fidenza, fuori dal Palapratizzoli, com'è invece?
«Amo questo posto. Qui si vive di pallacanestro. Un ambiente tranquillo dove risulta abbastanza naturale coltivare amicizie e c'è uno spiccato senso di solidarietà nei confronti degli altri. A Fidenza mi sono subito sentito a casa».
Il rapporto con i tifosi?
«Unici. C'è un senso di appartenenza profondo nei riguardi della Fulgor. Per questa gente la nostra è molto più di una squadra di pallacanestro, sono tutti emotivamente partecipi dei risultati ma nessuno si sogna di mettere pressioni addosso ai giocatori. Se perdi una partita la gente ti sorride sempre e ti offre una forma di incoraggiamento sincera, autentica, che non ha bisogno nemmeno di essere espressa a parole. Lo fa con una pacca sulla schiena, un sorriso, è come se ti dicessero: "Dai, non pensarci, andrà meglio la prossima volta". Ma come fai a non affezionarti a un posto così? Io, Fidenza, la porterò sempre nel cuore».
Il Valdo giocatore in dove vuol migliorare?
«Nel tiro da fuori, una caratteristica che il basket moderno richiede al di là della fisicità e dell'atletismo».
Ne parlano in tanti: meglio la Nba o l'Eurolega?
«La vera pallacanestro e la passione dei tifosi la vediamo in Eurolega, ma la componente spettacolare assicurata dalla Nba è impareggiabile. Non ha rivali».
La mettiamo nel mirino, allora?
«Chissà, magari...».
Vittorio Rotolo