Moglie e figlio finalmente fuori dall'Iran

Il medico parmigiano: «Ho riabbracciato la mia famiglia»

Andrea Grassi

«Vogliamo solo tornare alla nostra quotidianità, a Parma». Con queste parole si chiude il racconto toccante di Salvatore Politi, medico parmigiano, che sta finalmente rientrando in Europa dopo giorni di angoscia e incertezza, mentre cercava di evacuare dall’Iran la sua compagna e il loro figlio piccolo.

Politi si trovava in Italia quando, a seguito dell'attacco israeliano all'Iran, ha deciso di intervenire per mettere in salvo la compagna, che era andata a Teheran per far conoscere i nonni al figlio.

Il momento più critico? «La difficoltà di comunicare e coordinarci per trovarci nel punto di ritrovo, al confine tra Iran e Azerbaigian. A Teheran ci sono posti di blocco ovunque e purtroppo la mia compagna non aveva il passaporto».

Inizia così il racconto di Politi, che si è trovato a dover improvvisare un’evacuazione nel pieno di una crisi internazionale, con l’Iran sotto attacco e migliaia di cittadini stranieri nel panico.

Determinante, racconta Politi, è stato l’intervento delle ambasciate italiane a Teheran e Baku, coordinate in un’operazione complessa e rischiosa. «Grazie al lavoro alacre degli ambasciatori italiani e al supporto dei carabinieri che hanno scortato il convoglio da Teheran fino al confine, la mia compagna e mio figlio sono riusciti a uscire».

Il viaggio fino al confine azero è durato nove ore, ma la parte più dura è arrivata lì: «Sette ore di controlli. Mio figlio e sua madre sono stati gli ultimi a uscire. Il sistema era bloccato da attacchi cyber, i controlli venivano fatti a mano».

Politi descrive quelle ore come interminabili, piene di incertezza e paura. «Non avevo alcuna certezza che ce l’avrebbero fatta. E non sapevo nemmeno quando sarebbero partiti». Poi, finalmente, il momento tanto atteso: «Riabbracciarli a Baku è stato un conforto. Ma anche sconforto, nel vederli così provati». Oggi la compagna è «stanchissima, emotivamente provata», racconta Politi. «È riuscita a ricontattare i suoi genitori: sono di nuovo in fuga, hanno lasciato Teheran». Il figlio, invece, «sta bene, anche se è molto stanco. Ha passato ore in autobus e sottoposto a controlli. Ma ora dorme».

Nei giorni scorsi, la loro vicenda è diventata virale sui social. «Sono stati giorni difficili, anche per le critiche di certi “leoni da tastiera” - spiega Politi - che ci hanno accusati di aver messo in pericolo nostro figlio. Ma chi può immaginare un attacco come quello di Israele all’Iran? È stato contro ogni regola e diritto. Nessuno se lo aspettava».

Concludendo, Politi si lascia andare a una riflessione più ampia: «Quando accadono tragedie come queste, ci accorgiamo di quante cose diamo per scontate.

L’Occidente non deve dimenticare l’enorme ricchezza culturale che c’è dall’altra parte del mondo. Se davvero vogliamo un ordine internazionale fondato su regole e diritti, come quelle scritte dopo la Seconda guerra mondiale allora devono valere per tutti».

Andrea Grassi