L'intervista
Nevio Scala: «Spero che Cuesta possa ricreare il clima del mio Parma»
Ci sono uomini a cui non servono presentazioni. Basta un nome e tornano alla mente immagini indelebili. Nevio Scala è uno di questi. A Parma è molto più di un ex allenatore: è simbolo di un’epoca irripetibile. I suoi ragazzi l’hanno riabbracciato venerdì sera, in occasione di una partita con finalità benefica giocata a Collecchio. Lui è stato accolto come un padre che è tornato a casa e, con la solita gentilezza d’animo, ha riportato la memoria indietro nel tempo, proponendo aneddoti racchiusi nella sua memoria.
Come quello che riguarda Fausto Pizzi, protagonista della promozione in Serie A nel 1990 e poi ceduto all’Inter: «Quanto mi arrabbiai con Fausto: dalla ricostruzione iniziale sembrava che volesse lasciarci per tornare in nerazzurro. In realtà poi mi raccontò che, per le dinamiche che si erano create, fu quasi obbligato a rientrare a Milano. A distanza di anni l’ho perdonato: non si può che voler bene a una persona come lui».
Era il Parma di Callisto Tanzi: che rapporto avevate?
«Il Cavaliere ha commesso grandi errori. Ma io non posso che essergli riconoscente. Umanamente e professionalmente si è sempre avvicinato a me con enorme disponibilità e rispetto».
Da Tanzi a Krause: il presidente punta su giocatori di prospettiva?
«La ritengo una buona scelta ma devono essere calciatori con delle qualità. Sono in situazioni come queste che l’impatto dell’allenatore ha un valore superiore. Un gruppo giovane ha bisogno di un tecnico che sappia guidarli».
Una delle doti di Carlos Cuesta è proprio quella di saper trovare il giusto feeling con gli atleti.
«È un ottimo punto di partenza. Io posso solo augurare al nuovo allenatore di riuscire a ricreare quel clima che si respirava nel mio Parma. La stima della gente, l’affetto dei tifosi, la serenità dell’ambiente possono aiutarlo a far rendere al meglio questa squadra».
Un suo commento sulla fine della stagione scorsa e l’inizio della nuova?
«Sono convinto che la salvezza ottenuta dai crociati sia meritata. Ho sofferto anche io, a distanza. Ma sono stato contentissimo per il risultato raggiunto. Ora si riparte con un nuovo progetto. Sicuramente ambizioso. Voglio essere fiducioso».
A trent’anni di distanza dalla vittoria della Coppa Uefa contro la Juventus, che ricordi le tornano in mente?
«Quella coppa è a casa mia, custodita in una stanza dove, ogni tanto, accolgo amici e ospiti. Rimangono tutti estasiati nel vederla. E anche per me è sempre un’emozione. Perché quella sera, allo stadio Giuseppe Meazza, erano presenti anche i miei figli e li ho visti piangere di gioia per il successo. Fu una grande soddisfazione alzare il trofeo in uno stadio con 70.000 tifosi bianconeri e 10.000 parmigiani».
Le è mai capitato di intervenire personalmente sulle scelte di mercato?
«Solo una volta mi opposi a un acquisto. Ma non dirò il nome del giocatore in questione».
Hristo Stoichkov?
«Partiamo dal presupposto che si è dimostrato una brava persona. Però arrivò in Emilia nel momento sbagliato della carriera: aveva appena vinto il pallone d’oro. Aveva… la pancetta da commendatore. Voleva giocare sulla sinistra: ha modificato gli equilibri che avevamo creato all’interno del nostro gruppo».
E riguardo Asprilla, cosa può raccontare?
«Non posso dimenticare come è arrivato a Parma. Battista (Pastorello ndr) era andato in Colombia a visionare alcuni giocatori. Incurante del fuso orario mi chiamò nel cuore della notte: “Nevio, ho visto un attaccante. È veramente forte ma costa parecchio”. Io mi fidavo di lui: “Tu sai come voglio fare giocare la squadra: se ti piace e lo ritieni adatto al nostro progetto, concludi l’acquisto».
E così Asprilla arrivò in Italia. Uno spirito libero come lui non deve essere stato semplice da gestire.
«È stato complicato, impossibile negarlo. Però si faceva volere bene da tutti. Quando rientrava in ritardo dalla Colombia, lo multavo pesantemente. Poi lui andava dai dirigenti e si faceva togliere le sanzioni pecuniarie».
Continuiamo con il mercato, qualche acquisto richiesto da lei?
«Ricordo di essermi sbilanciato per un solo giocatore: Daniele Zoratto. Lo vidi con la maglia del Brescia durante uno spareggio salvezza in serie B. Pensai che poteva essere l’uomo giusto per portare le mie idee in campo. E così fu. Daniele è stato fondamentale nel percorso di quel Parma».
Ha avuto anche il merito di fare esordire in Serie A Gigi Buffon.
«L’indisponibilità di Bucci per la gara contro il Milan mi mise di fronte a un bivio: scegliere il secondo portiere, Alessandro Nista, o un sedicenne che, durante gli allenamenti settimanali, aveva parato tutto. A 24 ore dal match avevo deciso: la mia scelta era Gigi. Non ero minimamente preoccupato per la sua prestazione. Il mio incubo era dover dire a Nista che non avrebbe giocato».
E come andò a finire?
«Andai da lui e gli parlai in maniera schietta. La sua risposta fu altrettanto sicura: “Mister, la capisco: ho visto anche io quello che ha notato lei in Gianluigi”. Sono gli uomini come Alessandro che fanno la differenza all’interno di uno spogliatoio».
Pietro Razzini