il massacro di Srebrenica
Damaso Feci: «Sono stato testimone di un genocidio»
Damaso Feci, promotore della giornata e rappresentante Unhcr in Bosnia, proprio negli anni 1995-1996, ha portato la propria testimonianza di quei giorni. Ricordi indelebili, espressi con un velo di commozione.
«Sono arrivato a Sarajevo il 30 giugno del 1995. Il 10 luglio ero in missione a Banja Luka. - racconta Damaso Feci -. Mi arriva una chiamata da Ginevra. Dovevo andare immediatamente a Srebrenica. Ho chiesto a un collega russo, che parlava un po’ di serbo, di accompagnarmi. Arrivammo prima a Pale dove c’era il presidente dei serbo-bosniaci Karadzic. Prima di arrivare in città vedemmo delle corriere vuote, almeno una decina, che partivano per una destinazione per noi del tutto ignota. Arrivati alla sede della presidenza, chiesi di parlare con Karadzic che, però, evidentemente, non era là. Al terzo giorno, Ginevra mi chiama e mi dice che, purtroppo, Srebrenica era caduta nelle mani del generale Mladic. Mi chiesero di andare a Tuzla, città più vicina a Srebrenica; ci arrivai in elicottero. I miei colleghi avevano preparato l’aeroporto di Tuzla per ricevere le vedove di Srebrenica, allestendo delle tende bianche. Il giorno dopo arrivò il mio capo da Ginevra, l’Alto Commissario, la giapponese Sadako Ogata. Ricordo quelle donne che gridavano come delle disperate: “Ogata, perché sei arrivata così tardi?”. Abbiamo fatto il giro di tutte le tende a dire a queste donne e alle loro bambine, che avremmo cercato di aiutarle. A Srebrenica le donne erano state caricate su quelle corriere che avevamo visto e gli uomini, invece, 8.300, furono uccisi nel giro di pochi giorni. Un vero e proprio genocidio e poi i corpi buttati nelle fosse comuni».
«Infine, - conclude Feci - da Ginevra ricevetti una chiamata che mi invitava a tornare a Pale, dove un generale serbo voleva dare la sua versione dei fatti di Srebrenica. Era il generale Zero, che disse che anche i militari serbi avevano subìto 30 perdite. A quel punto mi alzai e dissi che, al mio paese, zero significa nulla e lui, per me, stava raccontando il nulla».
M.B.