Intervista
Pietro Lunardi: «Il ponte sullo Stretto, splendida notizia per l'Italia»
Un sogno che si avvera, il ponte sullo Stretto. Un sogno ideato un quarto di secolo fa, portato avanti con determinazione e poi cullato con pazienza per lunghi anni. È il momento di brindare, per l’ex ministro Pietro Lunardi. Per tanti motivi: per il via libera del Cipe («Un punto di non ritorno: il ponte si farà, adesso è certo»), per l’orgoglio di aver dato il via al progetto, grazie al varo della Legge Obiettivo e all’ideazione dei corridoi transeuropei, e per il «grazie» che il vice premier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, gli ha dedicato durante la conferenza stampa di mercoledì.
Professor Lunardi, si aspettava questo gesto di riconoscenza di Salvini?
«No, mi ha fatto molto piacere. Ho apprezzato la sua sensibilità e la sua correttezza. Oltre alla tenacia che ha dimostrato nel portare avanti il progetto e nel raggiungere l’obiettivo. Davvero bravo. Gli ho scritto un messaggio affettuoso, in segno di gratitudine».
Quel che è giusto è giusto: se non ci fosse stato lei, il ponte sarebbe ancora un sogno.
«Be’, effettivamente il lavoro che abbiamo fatto dal 2001 al 2005 è stato determinante. Ne vado molto fiero».
A cominciare dalla Legge Obiettivo.
«Fondamentale. L’abbiamo approvata nel 2001 e applicata al caso del ponte sullo Stretto. Il pregio della legge è stato ridurre drasticamente il peso, spesso insopportabile, della burocrazia. Fatto 100 il tempo che serve per realizzare un’opera pubblica, dall’ideazione alle fine dei lavori, il 70% veniva utilizzato per la burocrazia, per passare dalla concezione all’apertura del cantiere. Un’enormità».
Quanto e come è stata ridotta la percentuale?
«Siamo arrivati ben al di sotto del 50%. Abbiamo imposto tempi certi a tutti gli enti a cui, per legge, spetta un adempimento, o un parere. A ognuno è stata fissata una data: non rispondere entro i tempi equivaleva a dare il via libera. Strumento provvidenziale: avrebbe dovuto vedere come si correva, nei vari uffici. Prima di allora, i burocrati tenevano pile di carte sulle loro scrivanie: per sentirsi importanti, per fare pesare il proprio ruolo. E poi, accelerare i tempi permette di disarmare la corruzione e la malavita. L’applicazione della Legge Obiettivo l’ha dimostrato».
Come?
«L’eccessiva burocrazia e l’eccessiva lentezza, dovuta anche alle decine di adempimenti, sono il miglior carburante per la corruzione».
Altro fattore decisivo: il piano dei corridoi transeuropei, che lei ha rivoluzionato nel semestre di presidenza italiana dell’Ue.
«In quel semestre ho guidato il Consiglio dei 27 ministri dei Trasporti e delle Infrastrutture. Ho potuto scegliere l’argomento su cui lavorare: e non ho avuto dubbi, perché mi era molto chiara l’importanza di quei corridoi».
Che in parte erano già stati ideati ma che lei ha profondamente revisionato.
«Sì, ci siamo posti obiettivi ambiziosi e li abbiamo raggiunti. Agganciare l’Italia al nord Europa; dare la possibilità al sud di diventare protagonista nella piastra logistica del Mediterraneo; armonizzare il traffico di persone e merci tra le autostrade del mare di un Paese che ha ottomila chilometri di coste, coniugando la funzione dei porti e dei nodi intermodali con il sistema di autostrade e ferrovie; sbloccare opere transfrontaliere strategiche, come i trafori ferroviari del Frejus e del Brennero e il ponte sullo Stretto. Abbiamo fatto capire che il ponte era strategico per il corridoio nord-sud C1, che avrebbe dovuto collegare Berlino e Napoli, ma che abbiamo ottenuto di trasformare nel corridoio Berlino-Palermo: in quel momento, il ponte è diventato un’opera di interesse strategico europeo».
E il suo sogno ha cominciato a prendere forma.
«Del ponte sullo Stretto si parlava addirittura da un paio di migliaia di anni. Dal 1981, con la nascita della Sdm, la Società Stretto di Messina, si era cominciato a definire alcune possibili soluzioni progettuali ed era stato scelto di perseguire la strada del ponte a campata unica, di gran lunga la più intelligente. Durante la legislatura 2001-2006 il progetto è decollato. Grazie, appunto, alla Legge Obiettivo e ai corridoi transeuropei».
E alla sua tenacia, nei cinque anni in cui è stato ministro.
«Obiettivamente, è grazie al lavoro fatto in quegli anni se oggi siamo arrivati in fondo e presto partiranno i lavori. Appena insediato al Mit, nel 2001, ho acquisito il progetto di massima realizzato da Sdm e l’ho inserito tra le opere strategiche del Paese. Poi, in tempi da record, abbiamo compiuto tutti i passi necessari: la realizzazione del progetto preliminare, la gara europea e l’aggiudicazione al Consorzio Eurolink, un’associazione di imprese italiane, spagnole, giapponesi e danesi. Tutto questo in poco più di tre anni: è stato davvero un miracolo. Se si pensa che per concepire e realizzare lo svincolo di una tangenziale occorrono cinque-sei anni, ci si rende conto dell’enormità del lavoro che abbiamo fatto».
Gli “attori” di allora sono gli stessi di oggi.
«Certo. Il Mit come concedente dell’opera, Sdm come concessionaria di Stato, Eurolink come contraente generale; e in più la Parson, americana, come project manager consulting, per verificare e seguire la realizzazione del progetto, il monitoraggio ambientale e le coperture assicurative. Il lavoro fatto allora è l’inizio di tutto, è l’eredità che, metaforicamente, ho consegnato al ministro Salvini».
Ci fu anche la posa della prima pietra, quando lei era ministro.
«L’avevamo battezzata così perché, in effetti, è stato l’inizio dei lavori. Per fare spazio all’area destinata ad ospitare uno dei due enormi blocchi di ancoraggio del ponte, occorreva spostare la ferrovia e realizzare la galleria di Cannitello».
Dal 2006 in poi, però, tanti cambi di governo, anni di ripensamenti, di polemiche.
«Le polemiche continuano ancora oggi, ma francamente non le capisco. Ci si lamenta perché il costo di 13,5 miliardi è considerato troppo alto. Sa quanto costano i lavori – indispensabili, ci mancherebbe – per la realizzazione dell’Alta velocità nelle tratte Salerno-Reggio Calabria e Messina-Catania-Palermo? Tra i 50 e i 60 miliardi. Di cosa stiamo parlando? E poi, non dimentichiamo il “peso” dell’insularità: in Sicilia costa, ogni anno, 6,4 miliardi. Quindi, con quello che si risparmierà in poco più di due anni si sarà pagato il ponte».
Torniamo ai cambi di governo. E di idea.
«Il primo rallentamento è stato con Prodi, quando è diventato presidente del Consiglio nel 2006: si è detto contrario alla realizzazione del ponte e ha sospeso il progetto. Io, però, ho chiesto a Di Pietro, ministro delle Infrastrutture, di “congelare” l’iter, per non cancellare tutto il lavoro che era stato fatto. L’ha fatto ed è stato importante per il prosieguo».
E infatti, con il ritorno di Berlusconi nel 2008, si è ripartiti.
«Sì, un altro triennio molto importante. Berlusconi ha portato avanti il progetto, con i tecnici che io avevo scelto e i comitati che avevo costituito, scegliendo i migliori professionisti al mondo. E in quegli anni Eurolink ha messo a punto il progetto definitivo, che è quello dal quale si parte adesso per la realizzazione del progetto esecutivo».
Con il governo Monti, un altro stop.
«Sì, ha addirittura cercato di mettere in liquidazione la Sdm. Ma non c’è riuscito, perché lo Stato avrebbe dovuto pagare penali dell’ordine di 1,3 miliardi e non è stato trovato l’accordo. È stata una fortuna».
Sono seguiti altri anni di tira-e-molla.
«Sì, e di tempo perso anche dietro a improbabili ripensamenti sul progetto. A cominciare dalla proposta di pensare a un ponte a più campate. Una follia. Nello Stretto c’è una profondità di 140 metri, con correnti che viaggiano a cinque metri al secondo; in più, si incontrano le correnti che arrivano dal Tirreno e dallo Ionio che hanno gradi di salinità diversa e questo crea enormi vortici. Solo un incompetente può pensare di riuscire a realizzare delle fondazioni con quelle condizioni. Tutto tempo perso».
E siamo al governo Meloni.
«Salvini si è trovato in mano il progetto preliminare, il progetto definitivo, la galleria di Cannitello realizzata e il contratto con Eurolink ancora valido. Una bella eredità. Però bisogna dargli atto che è stato bravo a crederci e a perseguire l’idea di realizzare il ponte con determinazione e con grande concretezza».
Si parla di lavori finiti entro il 2032. Lo ritiene possibile?
«Sì, è una previsione attendibile, perché è stato previsto tutto. Non ci saranno senz’altro imprevisti per il ponte, che è un prefabbricato che verrà costruito in loco. Più delicate le operazioni che riguardano le fondazioni e i blocchi di ancoraggio e quando si tratterà di realizzare gli allacci al ponte, che è alto 70 metri, dal sistema autostradale e da quello ferroviario, che sono sul livello del mare: saranno realizzate spirali, lunghe 20 chilometri, in gran parte in galleria».
Non le resta che brindare al sogno che si avvera.
«Sì, con gioia e con fierezza. È una splendida notizia per l’Italia intera e, in particolare, per le regioni del sud. La mobilità di persone e delle merci è un diritto primario dei cittadini. La mancanza di questa mobilità produce il ristagno dell’economia, la povertà e la corruzione».
Claudio Rinaldi