Traversetolo
Il partigiano «Ettore» è tornato a casa
Massimo Salsi, figlio di Dante e nipote di Umberto, tratteggia questo ritratto dello zio che la prossima settimana compirà 101 anni.
Umberto Salsi (Ettore) classe 1924 (il 26 settembre compie 101 anni) è l’ultimo partigiano ancora vivente di quel folto gruppo di traversetolesi che tra il 1943 e il 1944 decisero di unirsi alle formazioni patriottiche costituendo diverse brigate, autonome e garibaldine, nel territorio montano delimitato dalle vallate dell’Enza e del Parma.
Il suo nome non è tra i più conosciuti ma il suo contributo alla lotta partigiana non fu certo di scarsa importanza. La sua chiamata per il servizio militare di leva era prevista per l’ottobre 1943 ma dopo le vicende dell’8 settembre e la creazione della Repubblica sociale decise di non presentarsi. Nei mesi successivi subisce però il reclutamento forzato nella milizia fascista. Dopo una fase di addestramento all’uso delle armi presso il castello di Montechiarugolo riesce a fuggire da una tradotta in viaggio verso Novara.
Raggiunto Traversetolo il padre Pietro (che aveva una barberia in paese) lo mette in contatto con i due fratelli maggiori Antonio (Streptosil) e Dante (Mago) già entrati da tempo nella 47ª Brigata Garibaldi (la stessa resa immortale dal racconto di Ubaldo Bertoli). Mentre Antonio era aggregato all’infermeria gestita dal dottor Carbognani presso il comando di brigata a Sarignana di Scurano, Umberto si unì a Dante nel distaccamento “Fratelli Zaccarini” comandato dall’ex ufficiale del Regio Esercito «Tonino» (Antonio Morini di Traversetolo, nel dopoguerra medico nel Mantovano). In seguito, furono assegnati entrambi al distaccamento “Cavestro” sempre della 47ª Garibaldi che poi assunse la denominazione di 143ª Brigata Garibaldi Franci. Ebbero come comandanti di brigata Max (Guido Bertolotti di Traversetolo) e William (Massimiliano Villa) e come compagni e maestri politici Illio (Luigi Cortese), Franci (Brunetto Ferrari), Nardo (Leonardo Tarantini) e tanti altri resi celebri dal romanzo di Bertoli.
I due fratelli trascorsero tutto il periodo partigiano fianco a fianco condividendo gli aspri combattimenti e momenti di vita drammatici fonte ancor oggi di sonni agitati. Umberto nel suo ruolo di mitragliere del distaccamento (aveva in dotazione una Breda 47) fu protagonista di due tra i più importanti combattimenti sostenuti dalla brigata. Durante il rastrellamento tedesco del novembre 1944 il comandante Tonino decise di affrontare una colonna tedesca di un centinaio di uomini proveniente da Mercato di Scurano. I partigiani si appostarono in posizione dominante a monte di Sarignana e aprirono il fuoco quando i tedeschi furono a un centinaio di metri. Al sopraggiungere improvviso di altre due colonne nemiche ai fianchi il comandante diede l’ordine di sganciamento.
Umberto, non avendo udito l’ordine, la voce era coperta dalle raffiche del fucile mitragliatore col quale continuava a sparare, rimaneva solo in posizione avanzata con i tedeschi a una distanza di circa 20 metri. Riuscì a salvarsi con grande sangue freddo effettuando una capriola fino a una grossa siepe per poi incamminarsi, ultimo del distaccamento, verso l’obelisco del Monte Fuso dove l’attendeva Dante, sbiancato in viso considerando ormai certa la perdita del fratello.
L’altro episodio si svolse durante l’attacco finale al famigerato presidio nazista di Ciano D’Enza. Umberto era riuscito a riparare, insieme all’amico Druso (Bruno Mazzini di Traversetolo), una mitragliera aerea da 20 mm, fornita di vari nastri di munizioni, recuperata dai partigiani. Si tratta di un’arma “pesante” a lunga gittata normalmente non in dotazione delle formazioni partigiane. Durante l’assalto finale a Ciano d’Enza dell’aprile 1945 operato simultaneamente sia dai patrioti reggiani (sponda destra dell’Enza) sia dai parmensi (sponda sinistra – precisamente dalla costa di Bazzano) con la “20 mm” ingaggiò un violentissimo duello a distanza, fatto di botta e risposta, con la mitragliatrice tedesca posta sul campanile della chiesa di Ciano d’Enza eliminandola definitivamente. Si procurò una ustione alle mani perché nella concitazione del momento toccò la canna dell’arma, mentre l’amico Druso rimase leggermente ferito dalle schegge di rimbalzo. In seguito a questa impresa fu ribattezzato dalla vox populi “il miglior tenore di Ciano d’Enza”.
Relativamente a questi episodi non ancora presi in considerazione dalla storiografia esistono una testimonianza scritta da Umberto e una intervista filmata del medesimo pubblicata si Yootube. Dopo la Liberazione Umberto andò in giro per l’Italia alla ricerca di lavoro per poi stabilirsi in Toscana nella bella località marina di Castiglioncello.
Trascorse lì molti anni in un ambiente di elevato livello sociale presso la famiglia del dottor Probo Magrini e della sua consorte contessa Anna Leonino, tra battute di caccia e viaggi in vari paesi d’Europa.
Verso i 40 anni ebbe l’occasione per imprimere una svolta nella sua vita attraverso lo studio. Acquisiti i diplomi di base superò a Firenze tutti gli esami per divenire tecnico di laboratorio biomedico presso l’ospedale di Cecina. La sua fu una carriera brillante e piena di soddisfazioni sostenuto e apprezzato dal direttore del laboratorio (Professor Carnicelli) e da altri primari dell’ospedale coi quali oltre al rapporto professionale intrattenne relazioni d’amicizia caratterizzate da sciate sull’Abetone (Umberto è stato anche un provetto sciatore) e attività venatoria.
Giunta la meritata pensione ritorna a Traversetolo dove con i sacrifici di una vita ha acquistato un appartamento. Ora, dopo una parentesi di alcuni anni trascorsi a Bologna presso la famiglia della sua compagna, nel mese di agosto di quest’anno è rientrato definitivamente al suo paese natale accolto amorevolmente nella Casa di riposo Villa Pigorini e da tanti compaesani che gli sono affezionati e che volentieri lo intrattengono nelle sue passeggiate nel centro di Traversetolo.
Massimo Salsi