I VERBALI DEGLI INTERROGATORI

Chiara, i genitori: «Così ci confessò ciò che aveva fatto: aveva provato a scavare una buca, ma non ci riuscì, e mise il bambino in quella fatta dai cani»

Georgia Azzali

Traversetolo La terra arsa. Dura come il cemento, quel 7 agosto 2024. Le mani di Chiara Petrolini cercano di scavare, rompere quella scorza ferrea per creare una fossa nel giardino di casa in cui seppellire il bambino che ha partorito poco prima, tra le 3 e le 6,30 del mattino, nella camera da letto della taverna. «Ci ha detto che inizialmente aveva tentato di fare una buca nel giardino, ma non ci è riuscita, poi ha visto la buca fatta dai cani e l'ha messo dentro», racconta Roberto Petrolini, il padre di Chiara, agli inquirenti.

Parole che non sentiremo ripetere in tribunale perché sia il papà che la mamma di Chiara, 22 anni, accusata di duplice omicidio premeditato dei suoi due figli e soppressione dei cadaveri, non saranno sentiti al processo. La difesa, in accordo con le altre parti, ha rinunciato alla loro testimonianza, dando il via libera all’acquisizione degli interrogatori, che quindi sono entrati a far parte del dibattimento.

Verbali acquisiti al processo

Entrambi erano stati convocati il 4 settembre 2024 in Procura, quando erano indagati (poi le loro posizioni sono state archiviate): prima lei, poi lui, avevano risposto alle domande del procuratore Alfonso D'Avino, della pm Francesca Arienti e del comandante del Nucleo investigativo Domenico Giuseppe Sacchetti. Il 9 agosto era stato scoperto il corpo del primo neonato, il primo inconfessabile segreto di Chiara, ma in quel momento non erano ancora venuti alla luce i resti del secondo bimbo, il primogenito in realtà, nonostante gli inquirenti avessero più di un sospetto. A Roberto Petrolini ed Elisa Bruschi, la madre di Chiara, era stato chiesto di riferire cosa fosse accaduto in particolare il 7 e 8 agosto (il giorno del parto e quello successivo), prima della partenza per la vacanza negli Stati Uniti, nella mattina del 9.

«Indossava gli stessi vestiti»

Poco più di un paio d'ore di interrogatorio a testa, ovviamente separati e assistiti dall'avvocato Nicola Tria. E tra le prime domande, quella che ancora tanti si pongono: sapevano che Chiara fosse incinta? «Purtroppo no», risponde il padre. E quando il pm gli chiede perché abbia detto «purtroppo», lui replica: «Perché altrimenti non saremmo qua». E poi aggiunge che spesso, scherzando, aveva detto che gli sarebbe piaciuto diventare nonno. Anche la madre spiega di non aver mai notato né cambiamenti fisici né particolari malesseri, come la nausea, legati alla gravidanza: «Io non mi sono accorta di niente. Il mese di luglio, la vedevamo anche poco, usciva la mattina intorno alle 7/7,30 (per andare a lavorare al centro estivo, ndr) e rientrava verso le 18, ma poi usciva con le amiche. Ha sempre mangiato regolarmente». Non un filo di pancia, o almeno i genitori non hanno notato nulla. «Tra l'altro portava sempre gli stessi vestiti e la taglia era sempre quella», aggiunge il padre, dicendo anche che qualche giorno prima del parto, andando a fare la spesa per la famiglia, aveva comprato gli assorbenti per Chiara.

«Pensavamo coprisse qualcuno»

Poi, alla madre viene domandato quando fosse venuta a conoscenza della gravidanza, e lei spiega: «Il giorno che siamo rientrati dal Ris. Ci hanno detto che il padre biologico era Samuel (l'allora fidanzato di Chiara, ndr) e solo in quel momento l'abbiamo saputo e lei lo ha confermato. Noi siamo caduti dal cielo. Non ci siamo accorti di nulla. Pensavamo stesse coprendo qualcuno». E' in caserma, infatti, il 19 agosto, che Chiara fa le prime ammissioni ai genitori. «Ha detto “è mio”. Io mi sono infuriato - dice il padre -. Le chiesi quando era successo, mi rispose che era successo quel giorno in cui ero andato giù per la questione del sangue, ma disse che non aveva mai fatto un test di gravidanza, che non aveva mai parlato con nessuno e neppure con Samuel». Chiara spiega anche di aver tagliato il cordone ombelicale con delle forbici, anche se non ricorda dove le ha messe. E quando il padre le chiede se il bambino era vivo o morto, lei risponde: «Era fermo». «Mi ha detto che avrebbe voluto tenerlo», aggiunge il padre.

Le macchie trovate il 7 agosto

Quel «giorno del sangue», è il 7 agosto, quando il padre, poco dopo essersi svegliato verso le 7, scende nel bagno della taverna e trova macchie di sangue sul rubinetto, nel lavandino e su due tappeti sotto il lavabo. Sarà la madre a mettere i due tappeti in lavatrice e poi si accorgerà anche di altre macchie su un altro tappeto e di alcune tracce vicino alla scatoletta della luce in bagno. Dopo aver visto le chiazze di sangue, il padre va nella stanza di Chiara: «Lei era di schiena e si è girata verso di me - racconta -. Le ho chiesto se avesse perso del sangue dal naso, cosa che le capita a volte, e lei mi ha risposto che aveva avuto un ciclo abbondante e che avrebbe pulito». Quella sera Chiara andrà a cena da un'amica e poi dormirà in taverna con il fidanzato. Ma anche il giorno dopo, quello prima della partenza per New York, vive una giornata sorprendentemente ordinaria: dall'estetista, nel pomeriggio, per il ritocco alle unghie e la sera fuori fino a notte. Fino a mezz'ora prima che l'auto parta per andare all'aeroporto di Malpensa.

La mattina dell'8 agosto, il giorno dopo il parto e il seppellimento, il padre di Chiara fa la disinfestazione in giardino, ma non nota nulla di anomalo, nemmeno la sera, quando passa proprio accanto al punto in cui la ragazza aveva sotterrato il figlio. «Lì c'è sempre della terra mossa, perché i cani scavano, ma quella sera non c'era», spiega.

«A New York lei si estraniava»

Tutta la famiglia Petrolini, insieme ad alcuni amici, rimane in vacanza negli Stati Uniti dal 9 al 19 agosto. Appena rientrati, i genitori e la figlia vengono convocati in caserma e scoprono che la madre del bambino trovato nel loro giardino è Chiara e che il padre è Samuel. Ma del ritrovamento del corpo erano venuti a sapere appena sbarcati a New York, il giorno stesso in cui la nonna aveva trovato il bimbo, dopo che i cani, scavando, l'avevano fatto riaffiorare. La casa che avevano lasciato da poche ore e il nastro bianco rosso che delimitava una parte del giardino: era stata Chiara a mostrare alla madre quell’immagine che le aveva inviato un’amica sul telefonino, mentre erano ancora all’aeroporto. E la mamma aveva riacceso subito il cellulare. Era arrivato un messaggio del vicino di casa, Andrea Manzini: «È successo qualcosa, ma stiamo tutti bene», aveva scritto. Poi, il padre aveva telefonato al colonnello Sacchetti ed era venuto a sapere del bambino, trovato in quel fazzoletto di terra sotto alla parete piastrellata. «Tutti siamo rimasti stupiti, scioccati», ricorda rispondendo alle domande dei pm. Racconta di averne parlato anche con Chiara poco dopo, ma «lei non ha detto assolutamente nulla». Ne discutono tra marito e moglie, valutando anche l'ipotesi di ritornare subito a casa. «Io ero infuriata - spiega la madre ai pm -. Non mi capacitavo e non volevo rovinare il viaggio così lontano e organizzato da tempo nella convinzione che non sapessimo nulla. Mio marito si domandava se tornare, ma io dicevo che non dovevamo, non riguardando noi». La notizia è sconvolgente, e spesso la famiglia ne parla a New York . «Con il senno di poi, ricordo che Chiara si estraniava un po'», aggiunge la madre.

Il saggio saltato e l'emorragia

Ed è con lei, alla luce di un'intercettazione ambientale in caserma in cui parlava con Chiara di un'altra emorragia dovuta al ciclo, che gli inquirenti cercano di approfondire lo scenario inquietante che stanno già ipotizzando. «Lei non è venuta al saggio di pianoforte di... (il fratello minorenne, ndr) attribuendo l'assenza a un forte ciclo, ma non ricordo se era maggio 2022 o 2023. Aveva sporcato un po' la vasca e le lenzuola al piano di sopra».

Era il 12 maggio 2023, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti. Il primo figlio di Chiara. Sepolto nello stesso angolo di giardino. E ritrovato tre giorni dopo quell'interrogatorio dei suoi genitori.