Roccalanzona

Quella Pietra giubilare che testimonia una storia di uomini e di fede

Siamo in pieno Giubileo e la memoria ci porta ad un ritrovamento di grande importanza storica avvenuto nel 1834 nel nucleo abitato del Pagano, frazione di Roccalanzona, a quel tempo territorio del comune di Varano Melegari. La frazione divenne territorio del comune di Medesano l’1 gennaio 1873.

Stiamo parlando della Pietra giubilare di Roccalanzona (attualmente esposta in una mostra ai Mercati di Traiano - Museo dei Fori imperiali a Roma fino al 1° febbraio 2026 e sperando che una volta tornata a Parma possa essere esposta alla Galleria nazionale), una grossa lastra di calcare, originariamente di un sol pezzo e ora spezzata in due, (ogni frammento misura cm 51x33x16 centimetri), con 9 righe di 5,5 cm ciascuna sulla quale è ricordato in caratteri onciali il Giubileo (o Anno Santo) indetto da Papa Bonifacio VIII con la bolla «Antiquorum habet fida relatio» del 22 febbraio 1300.

La bolla concedeva l'indulgenza plenaria ai pellegrini che avessero compiuto un numero di visite alle basiliche di San Pietro e San Paolo, creando un evento di massa con almeno due milioni di fedeli che confluivano a Roma provenienti da tutta Europa.

Su questo Giubileo s’innestarono i vari tracciati della Via Francigena.

Il ritrovamento della pietra avvenne «...verso la fine di marzo del 1834...» da «...certi Dazzo Giacomo e Torrigiani Pietro». Lo stesso Torrigiani scrisse un dettagliato racconto della scoperta e lo spedì a Lorenzo Molossi, direttore della Gazzetta di Parma, perché venisse pubblicato. Non si conoscono le motivazioni ma non trovò spazio e lo scritto venne ritrovato da Giuseppe Micheli nel 1930 nel carteggio di Delprato e pubblicato in «Aurea Parma» (maggio-agosto 1930) e in «La Giovane Montagna» (15 giugno 1930).

Interessante l’allora annotazione di Micheli: «Purtroppo il Museo di Parma non possiede la lapide che risulta ad esso spedita ma non pervenuta né ai tempi di Lopez né dopo». Lanciò così ai lettori l’invito a darne notizia. E così arrivò: «…nelle cantine di casa Torrigiani…» nel frattempo acquistata dal «Nob. Dott. Massimiliano Calvi … che con magnifico gesto, l’ha donata al nostro Museo d’Antichità».

Il primo a dare notizia del ritrovamento della epigrafe giubilare di Roccalanzona era stato lo storico Angelo Pezzana nella sua «Storia di Parma» nel 1837, ovvero solo tre anni dopo la scoperta. Tra l’altro scriveva: «Essendo stata spezzata dall’alto in basso verisimilmente da chi la pose a soglia di un pozzo, si sono perdute le parole centrali di ciascuna riga…».

Diverse da allora le interpretazioni su quella epigrafe. Fra le più recenti, e accreditate, quella dell’archeologa Silvia Cerocchi (lettura condivisa con il suo relatore di tesi e curatore delle successive pubblicazioni, professor Gianluca Bottazzi) che sul castello di Roccalanzona oltre a due tesi di laurea ha pubblicato due importanti volumi - «Roccalanzona, castello, chiesa e l’Epigrafe del Primo Giubileo» (2009) poi in ristampa nel 2023, e a completamento delle proprietà dei Rossi «I castelli dei Rossi nel Parmense» (2013) - e dalla fondazione, nel 2023, presidente dell’associazione «Rocha Leone Aps» con obiettivi la salvaguardia di quello che rimane del castello e la sua valorizzazione storico- culturale per tutti, dai bambini agli anziani di tutta la provincia e oltre.

A Silvia Cerocchi chiediamo notizie su tale importante epigrafe.

Dottoressa Cerocchi, dove è stata ritrovata la Pietra?
Come riporta lo storico Giuseppe Micheli, dalla relazione della scoperta appare che i due giunti al castello di Roccalanzona per cercare qualche reperto avessero incontrato ''un terrazzano che li informava che nulla vi era stato rinvenuto seppur minuziosamente cercato ma che … di là a poca distanza esisteva un’iscrizione completamente inintelligibile, forse ab antico tolta dal castello e che presentemente serviva di corona ad un pozzo comune a due proprietari''. Dai riscontri che vennero effettuali dai parroci di Roccalanzona don Giovanni Macchiavelli (1933) prima, poi da don Giuseppe Baranzelli (che resse la parrocchia di Roccalanzona dal 1952 fino a metà degli anni ’90) e di recente dalla sottoscritta, l’unico pozzo esistente si trova “…in un caseggiato lungi forse un mezzo miglio dalla Rocca scendendo…” nei dintorni del castello con quelle caratteristiche è quello presente ancora oggi al Pagano.

Cosa vi è scritto su questa Pietra?
«Nel nome del Signore […] indizione tredicesima. Quest’opera fu fatta dal maestro Dodo per volontà del signor Giacomo Valenti di Casara per questa chiesa, che fece questa breve memoria dell'indulgenza plenaria che vi fu a Roma e che sarà in ogni centesimo anno seguente. Perciò ogni cento anni a Roma sempre sarà che i peccati saranno perdonati a chi si pente. Questo stabilì e decretò Bonifacio». L’epigrafe testimonia dunque l’opera del maestro Dodum su commissione di Giacomo Valenti di Casara in ricordo del giubileo del 1300.

Dove sarebbe stata collocata in origine?
La tesi più verosimile, a mio avviso, è che l’iscrizione fosse collocata in origine nella chiesa vecchia ai piedi del castello. Sappiamo per documentazione che dal 1230, nel 1299, nel 1354 e fino al XVI secolo la chiesa a Roccalanzona esisteva, ed è quella che viene raffigurata dal Bembo nel 1492 nella Camera d’oro del castello di Torrechiara. Si tratta, a mio avviso, della soluzione più logica, in quanto è l’edificio religioso che presenta una adeguata documentazione medioevale nelle vicinanze del castello di Roccalanzona, del Pagano e di Casara.

Esistono altre epigrafe che ricordano il Giubileo del 1300?
A quanto mi è noto altre due: un’epigrafe a Firenze in via Giovanni da Verrazzano e l’altra sull’architrave della porta destra del Duomo di Siena. Nel 2000 l’amministrazione comunale di Medesano, in ricordo dell’importante documento storico del territorio, ha commissionato una copia esatta ora esposta al Museo di storia e civiltà di Varano Marchesi.

l.s.