La 13enne uccisa a Piacenza
La mamma di Aurora a Parma: «Mi aspetto una sentenza esemplare»
La più giovane vittima di femminicidio in Europa, Aurora Tila, 13 anni, è stata uccisa un anno fa nel cuore dell'Emilia, a Piacenza: scaraventata dal settimo piano del condominio in cui viveva con la mamma Morena Corbellini. Per i magistrati (ma anche per la famiglia della ragazzina e per le amiche, con le quali Aurora si era confidata) l'autore del delitto è un 16enne («non chiamatelo fidanzatino, era solo la prima cotta», dice la mamma) di cui Aurora si era forse innamorata all'inizio, ma dal quale aveva poi ripetutamente preso le distanze. Distanze che il ragazzino non accettava.
Il sedicenne (ma aveva 15 anni all'epoca dei fatti) oggi è in carcere minorile, il 3 novembre ci sarà l'udienza forse decisiva al Tribunale dei minori di Bologna. Su di lui - professatosi sempre innocente - pesa la testimonianza di un compagno di cella al quale l'adolescente avrebbe confidato: «L'ho spinta io».
Secondo gli investigatori, Aurora si sarebbe aggrappata alla ringhiera e avrebbe cercato di resistere, lui le avrebbe massacrato le mani per farle perdere la presa. «Mentre lottava l'hanno sentita gridare “perché mi fai questo, io ti amo”. Altro che amore, era solo l'estremo tentativo di salvarsi», dice la mamma.
Proprio ieri («data non casuale», dice Morena Corbellini) si è tenuto al Palazzo Ducale di Parma, sede dei Carabinieri, il convegno «Le dimensioni dell'odio: dall'amore tossico alla violenza estrema». Fra gli ospiti, oltre alla mamma di Aurora, la sorella Viktoria, 22 anni, e la zia Ursula.
Signora Corbellini, si aspetta una sentenza giusta?
«Non esiste una sentenza giusta in un caso del genere, ma mi aspetto una sentenza esemplare. L'accusa è di stalking e omicidio premeditato, ma vista l'età dell'imputato ci sarà una riduzione di un terzo della pena. Poi le varie attenuanti e il ricorso in Cassazione. Non è giusto, penso che il governo debba abbassare l'età che prevede questi sconti di pena».
Ci sono state parole di pentimento dal giovane?
«No, ed ha tenuto un atteggiamento spesso strafottente in aula. Lo scorso Natale ho ricevuto un whatsapp da sua madre: “viviamo lo stesso dolore”. Non è vero, perché mia figlia non c'è più. Mi è sembrata solo una mossa suggerita da un avvocato».
Aurora sembra essere stata uccisa due volte: sui social molti commenti scandalizzati, per non dire sarcastici, sul fatto che avesse a quell'età una cotta.
«Appunto: una cotta. Quella di Aurora era la realtà di molte tredicenni: andava al liceo, usciva solo il sabato, vedeva le amiche, non potevo impedirle di vedere anche gli amici. Aveva le sue inquietudini, come tante adolescenti, soffriva di anoressia e per questo voleva diventare psicologa, aiutare gli altri. E invece anche questa fragilità era diventata motivo di scherno e stalking da parte del suo sedicente “innamorato”».
Cosa fare perché la morte di Aurora non sia stata inutile?
«Sto mettendo le basi dell'associazione “La luce di Aurora”. La violenza sulle donne ha raggiunto dimensioni intollerabili. Occorre fare prevenzione, ad esempio nelle scuole, insegnando cos'è l'affettività e insegnando alle ragazze a riconoscere i segni di relazioni sbagliate. Aurora aveva capito qualcosa di quello che sarebbe diventato il suo carnefice, e infatti l'aveva allontanato per tre volte. Ma non abbastanza. Una sera mi aveva confidato: “Fa tanto il bullo, ma non farebbe male ad una mosca”. E invece».
Stalking, maltrattamenti e violenze
A Parma da inizio anno 193 donne vittime di persecuzione
Riconoscere i segni di relazioni pericolose, adeguare le normative all'emergenza. Se ne è parlato nel convegno a Palazzo Ducale organizzato dall'associazione «Breaking the silence», dalla società sportiva Lazio (attiva nella prevenzione) e da Slop (Scuola lombarda di psicoterapia). Fra i relatori forze dell'ordine, magistrati, psicologi. «Una relazione pericolosa inizia dal “gaslighting”, ossia dalla manipolazione e denigrazione dell'altro» avverte Samantha Bernardi, presidente di “Breaking the silence”. E così era stato anche fra Aurora e il suo spasimante, come ha ricostruito (analizzando i messaggi di lui a lei, il linguaggio del corpo di lui nei filmati poco prima dell'omicidio, i whatsapp di lei alle amiche) la psicologa forense Maria Grazia Saginario, amica della famiglia di Aurora, che aveva conosciuto bene la ragazza e che sta affiancando i familiari nel processo. Gli atti persecutori contro le donne (stalking, maltrattamenti, violenze fisiche e sessuali) sono in crescita, ovunque. Nella nostra provincia, spiega Andrea Pagliaro, comandante provinciale dei carabinieri di Parma, l'anno scorso 228 donne le hanno subite e il dato parziale del 2025 vede già 193 donne coinvolte. Molto, aggiunge Pagliaro, è cambiato nei protocolli di assistenza alle vittime e c'è grande attenzione alla prevenzione. «Una volta si suggeriva ai carabinieri, in caso di liti familiari, di fare da “pacieri”. Oggi capiamo la differenza fra una lite e un maltrattamento». Eppure qualcosa a volte va storto. Come di recente per Pamela Genini, uccisa dal compagno nonostante avesse denunciato per iscritto di temere per la sua vita. «Bisogna potenziare gli strumenti repressivi ma anche cambiare la sensibilità giuridica. E sensibilizzare le persone a denunciare: non solo le vittime, ma chi assiste o è a conoscenza delle violenze. La segnalazione, al contrario della denuncia, può restare anonima» dice il magistrato Valerio de Gioia.
Monica Tiezzi