Un barista aggredito ieri mattina

«Preso a cinghiate da un senzatetto in Ghiaia»

Luca Pelagatti

«Quando sono arrivato, verso le 6 e mezza, per aprire il bar ho notato che qualcuno aveva strappato il telo dell'ombrellone che sta davanti al locale. Pareva un segno, come a promettere una brutta giornata. Non sapevo ancora quanto lo sarebbe stata».

Vincenzo Esposito gestisce da qualche anno il Cinquantuno Parma, in piazza Ghiaia. Ma ieri non ha fatto neppure un caffè: la mattina l'ha trascorsa all'ospedale a farsi medicare e poi è andato in caserma per la denuncia. Il pomeriggio ha invece dovuto occuparsi della vetrata spaccata: come giornata storta, probabilmente, non c'è di peggio.

«Ho visto il danno al tendone e poi, prima di aprire il locale ho preso, come consuetudine, l'immondizia per portarla nel deposito. Per farlo mi sono avvicinato alla grata che protegge quella zona del condominio. E li ho visti». Due uomini stesi a terra che dormivano e che, guarda caso, come coperta avevano appunto il telo dell'ombrellone. «Ovviamente gli ho spiegato che li non potevano stare, che quella era proprietà privata e che mi avevano fatto un danno. E l'ho detto in modo non aggressivo».

Peccato: la reazione è stata ben diversa: uno dei due, straniero, forse dell'est Europa, di corporatura massiccia, è saltato in piedi, si è sfilato la cintura e ha iniziato a tirare colpi come un matto. Mentre Esposito arretrava spaventato. «Mi ha preso in testa, mi ha tirato un pugno in faccia, ha rotto gli occhiali. E continuava a picchiare». Per fortuna un altro commerciante della Ghiata e un addetto alle pulizie hanno visto e si sono avvicinati per dare una mano ma non è bastato. «Quel tale ha rotto una bottiglia e ha iniziato a sventolare il coccio tagliente. A quel punto chi si poteva mettere in mezzo?». Nessuno, è ovvio, e il barista, a sua volta, si è rifugiato nel suo locale cercando di evitare guai più seri. «Volevo avvisare la polizia ma all'interno il cellulare ha poco segnale, non prendeva». E quello ha continuato a spaccare tutto. Si è infatti accanito sulla porta d'ingresso del bar che è ben presto diventata una ragnatela di cristallo e solo dopo aver usato anche un pezzo di ombrellone, come fosse una clava, si è alllontanato. Neppure troppo di fretta, quasi fosse tranquillo che nessuno lo avrebbe fermato. «La polizia è arrivata dopo un po' così come l'ambulanza e sono andato in ospedale per farmi visitare».

La prognosi, almeno provvisoria, parla di dieci giorni mentre i segni sul volto e sulle mani saltano agli occhi: non serve un medico per capire che quel tale picchiava per fare male. «Ora dovrò pagare i danni e non ho potuto neppure aprire il bar - è l'amara conclusione - ma se servisse a riportare un po' di vivibilità qui in Ghiaia potrei pure accettarlo. Ma la situazione è fuori controllo, siamo in balia di balordi e brutta gente. Il ponte romano è a due passi ma siamo ridotti ad un vespasiano. Così è inaccettabile andare avanti».

Luca Pelagatti