Intervista

Lo show di Paolo Ruffini al Regio: «Comicità, disobbedienza e spiritualità contro il politicamente corretto»

Mara Pedrabissi

Più di uno spettacolo: un’esperienza che promette di sovvertire ogni concetto precostituito di «normalità». Arriva a Parma «Din Don Down – Alla ricerca di (D)io» (martedì 4 ore 21 Teatro Regio per la rassegna «Tutti a Teatro»), la nuova “contagiosa” creazione di Paolo Ruffini e degli attori della Compagnia Mayor Von Frinzius.

Un happening comico e spirituale, un moto perpetuo di disobbedienza e tenerezza che già aveva consacrato il successo del precedente «Up&Down», divenuto un vero e proprio fenomeno per oltre sei anni. Oggi, il testimone passa a «Din Don Down», che conserva la stessa inarrestabile energia, ma sposta il suo sguardo verso il cielo, la religione.

Con una chiave di lettura spregiudicata, irriverente e audace, lo show esplora il senso della spiritualità e i grandi dilemmi che riguardano il divino, affrontandoli con la leggerezza e l'ironia che sono l'antidoto ideale a ogni forma di rigidità contemporanea e di ossessivo «politicamente corretto». Del resto chi segue la trasmissione radiofonica di Paolo Ruffini su Radio 24 («Radio Up&Down» il sabato alle 20 e anche in podcast) con Federico Parlanti «il conduttore con un cromosoma in più» sa bene di cosa parliamo. Nessun fastidioso pietismo, nessuna ammorbante falsità: solo il bello della vita, che è più bella quando più graffia.

Ruffini, sulla scena, è il complice e il bersaglio delle sfrenate incursioni degli attori con disabilità della Compagnia, orchestrando il caos in una ricerca che è al contempo collettiva e profondamente interiore.

Ruffini, come si costruisce un lavoro tra comicità, disobbedienza e tenerezza?

«Si costruisce non occupandosi del pubblico, un po' come ai vecchi tempi. Una volta gli artisti stavano sul palco, illuminato, potevano esprimere la loro voce, il loro “speech”, i loro monologhi, la loro prosa a voce alta. Adesso è tutto rivolto verso il pubblico. La platea non è più spenta; i microfoni, le luci sono sulla platea e quindi noi dobbiamo occuparci sempre che qualcuno non si offenda. Ma il pubblico è un bambino. E il bambino non deve fare quello che vuole, deve ogni tanto avere qualcuno davanti a sé che lo possa, non dico educare, ma indirizzare a vedere qualcosa di scomodo; qualcuno che lo possa invitare a fare qualcosa anche meno piacevole di quello che pensava. Ma è proprio laddove i bambini e il pubblico fanno un po' di fatica, ecco che arriva la soddisfazione, ecco la meraviglia».

Com'è stato lavorare coi ragazzi della Compagnia Mayor Von Frinzius?

«Per me è stata una grande opportunità. Intanto tutti sono stati scelti con dei provini. Poi devo dire che mi danno delle possibilità straordinarie, nel senso che le persone con la sindrome di Down hanno già fisicamente una maschera da commedia dell'arte straordinaria, quindi sono dotati di una capacità empatica diversa dalle persone che hanno cromosomi geneticamente “normali” tra virgolette. E questo li rende anche molto interessanti dal punto di vista attoriale. Poi non riescono a essere falsi ma alcuni dicono molto bene le bugie e questo li rende attori perfetti. Di norma quando il pubblico vede una persona disabile pensa prima di tutto alla disabilità: “Ah poverino, guarda quanto è bravo”. Noi abbiamo rovesciato questa situazione, cioè tutte le persone che lavorano con noi fanno cose che sarebbero molto più difficili per persone non disabili. Perché le persone come me hanno la disabilità a mettersi in discussione, cosa che invece le persone disabili che lavorano con me non hanno. Le persone come me hanno una disabilità alla leggerezza, alla meraviglia, al prendersi un po' in giro, cosa che invece le persone disabili non hanno. Sono autoironici, leggeri, sono gioiosi di andare in scena: che ci siano 10 persone o ce ne siano 10.000 è uguale».

Biglietti: sono rimasti pochi posti disponibili (anche online). Per info Arci Parma tel. 0521-706214.

Mara Pedrabissi