PERSONAGGI
«Claun Pimpa», in guerra per far sorridere i bambini: l'incontro a Neviano
Marco Rodari ha fatto giocare e riflettere allo stesso tempo
Naso rosso, valigia e cappellino ad elica, ha vissuto i maggiori conflitti degli ultimi anni con l’unica missione di portare un sorriso a bambini e bambine e così alimentare la speranza. E anche a Neviano «Claun» – all’italiana - Pimpa ha portato la sua «magia» e i suoi colori, quelli che sfodera in quei paesi martoriati dalla guerra, da Gaza, Iraq e Siria, fino all’Ucraina. Un incontro straordinario, ricco di risate e di importanti riflessioni, in cui Marco Rodari, presidente dell’associazione «Per far sorridere il cielo» e da qualche mese Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ha raccontato il suo mondo pieno di colori, che contrastano il grigio delle macerie e della guerra.
Nell’evento organizzato dal Comune di Neviano grazie all’interesse di Alessandro Garbasi e la collaborazione della Nuova parrocchia, di rientro dall’Iraq Rodari ha coinvolto i tanti bambini presenti in uno spettacolo di magia, tra trucchi e fazzoletti colorati, per poi spiegare, anche tramite immagini, cosa significa per i più piccoli la guerra. «Ci sono delle cose che la guerra porta via ai bambini. Abbiamo anche fatto un manifesto delle dodici fatiche che in bambini in guerra vivono. Nel 2009 mi hanno chiesto di andare a Gaza, il posto dove sono rimasto di più. E adesso la guerra è ricominciata – ha raccontato mentre alle sue spalle scorrono le immagini delle macerie nel 2012 -. Poi la Siria, l’Iraq, nell’ultimo periodo in Ucraina, in Donbass in particolare. Quando ero lì a Gaza, diversi anni fa mi dissero che potevo stare tranquillo, perché tanto usavano le bombe intelligenti. Questa cosa delle bombe intelligenti non l’ho sentita solo a Gaza, perché chi decide di fare le guerre lo dice sempre».
Poi, con le giuste parole ha spiegato ai più piccoli: «La guerra porta via ai bambini la scuola; non ci possono andare durante e spesso anche quando è finita perché sono distrutte. Quando cadono le bombe finiscono tutti i giochi, non vai a calcio, non vai a fare danza, a passeggiare». E ancora: «Quando c’è la guerra i grandi non lavorano più. E come compri da magiare? E l’acqua? In guerra poi non sei mai tranquillo neanche per un minuto nemmeno a casa tua».
Mostrando la foto di un grande palazzo in macerie: «Dicono che sotto ci fosse un terrorista. È arrivata una bomba intelligente. Io non lo so se l’hanno preso il terrorista, ma lì c’erano tredici bambini che il giorno prima giocavano con noi che hanno perso la vita. E io di speranza non avevo più. Per fortuna, c’erano dei bambini come voi che avevano ancora la voglia, la forza, il coraggio, di chiedermi un gioco. L’unica speranza che ho visto in guerra è il sorriso. Con la pace si sta bene. Io l’ho vista, è una cosa che nasce semplicemente. Ad Aleppo la guerra è durata cinque anni. C’era una bambina che sapeva distinguere il rumore di un aereo, dei colpi, ma non sapeva cos’era il pane. Un altro che mi ha visto cadere una briciola di pane, l’ha raccolta e me l’ha data. Il cibo non va sprecato». Un incontro che si è concluso con il ringraziamento del sindaco Raffaella Devincenzi, il dono di un’icona da parte del parroco don Giandomenico Ferraglia e di alcuni libri da portare in Ucraina e che permetteranno ai bambini «di fuggire dalla guerra con la fantasia. Un bambino che sorride in guerra, è un bambino che non si arrende».