Borgotaro
Giliotti, l'infermiere diventato liutaio: «Ogni strumento richiede 300 ore di lavoro»
Borgotaro A Belforte, minuscolo borgo del comune di Borgotaro, c’è un luogo dove il tempo sembra rallentare e dove il legno prende vita, trasformandosi in violini capaci di incantare il mondo. Quel luogo è il laboratorio di Giorgio Giliotti, 81 anni, artigiano e poeta del suono, che da oltre vent’anni dedica il suo talento e la sua esperienza a creare strumenti unici.
«Il legno racconta una storia, e io provo a metterci dentro un’anima» spiega Giliotti, circondato dai progetti degli strumenti musicali che ha creato nel corso degli anni.
Il suo laboratorio è un garage, qualche gradino sotto la porta di casa. Lì, fra trucioli sparsi sul pavimento, attrezzi di ogni genere, macchine d’altri tempi e appunti fitti di misure e schizzi, nascono violini, viole e violoncelli che affascinano esperti e profani.
Ma Giorgio non è «nato» liutaio. Lo è diventato grazie a una vita vissuta con curiosità e voglia di imparare. «A vent’anni mi sono diplomato infermiere a Parma e ho iniziato a lavorare all’ospedale di Borgotaro».
Poi, il richiamo dell’avventura lo porta a manovrare gru edili a Genova, persino al Vajont, prima di approdare alla vetreria Bormioli a San Leonardo. «Lì ho imparato a lavorare con precisione. Ho cominciato come manovale, ma negli anni sono arrivato a una posizione di responsabilità».
Alla pensione ha un bagaglio di esperienza e mani «abituate al dettaglio». Ma è l'incontro con una persona a segnare la svolta. Nel 1988 Giliotti conosce Archimede Orlandini, un vecchio liutaio autodidatta. «Sono andato da lui, curioso di capire come si costruisce un violino. All’inizio non mi dava risposte, parlavamo di tutto tranne che del suo mestiere. Poi, prima di salutarmi, mi mise una mano sulla spalla e disse: “Vieni domani”. E lì ho iniziato a scoprire questo mondo».
Da allora, Giorgio ha realizzato più di 30 violini, oltre a qualche viola, violoncello e contrabbasso. Ogni strumento richiede almeno 300 ore di lavoro, dalla scelta del legno (acero per la struttura e abete rosso per la tavola armonica) fino alle rifiniture. «Non uso macchinari per il suono, tutto deve essere fatto a mano. Però mi piace sperimentare: ho provato platano, noce americana, persino pero e albicocco».
Non sono solo gli strumenti a raccontare la sua passione, ma anche le persone che si avvicinano alla sua bottega, punto di ritrovo per musicisti e per curiosi e appassionati. Per fortuna, viene da dire, perché Giliotti sa costruire violini ma non ha mai imparato a suonarli. «Qui sono venuti più volte Liliana Amadei e Sebastiano Airoldi - rivela Giorgio -. Airoldi a volte suona in una chiesa qua vicino e il caso ha voluto che fosse anche lui un amante dei miei violini. Liliana è una violinista straordinaria: prova i miei strumenti e mi aiuta a trovare i difetti e a migliorarli. Ma c’è sempre qualcuno che arriva per provare uno strumento o anche solo per parlare di musica».
Il legno, però, non è il solo materiale che ha reso celebri i suoi strumenti. Nel 2011 Giliotti ha coronato un sogno ambizioso: creare un violino di cristallo. «È stata una sfida che ha richiesto due anni di studi e prove, ma alla fine è salito sul palco del Teatro Regio e ha suonato. Un’emozione indimenticabile». Un design così particolare da essere addirittura brevettato, ma che porterà alla realizzazione di soli 10 esemplari per preservarne la particolarità. «I violini non sono oggetti - tiene a sottolineare Giliotti -: sono compagni di viaggio».
Poi accarezza un pezzo di legno, prende una matita e ricomincia a creare magia.