Kucka lotta ma pare predicare del deserto
Poco più di due anni fa Juraj Kucka, da poco arrivato a Parma proveniente dal Trabzonspor, confezionò due assist per Barillà e Gervinho nel 3-3 in rimonta sul campo della Juve. Era la sua terza partita nel Parma, la seconda da titolare. «Io sono uno che non molla mai» disse a caldo in sala stampa. Ed è vero: lo sta dimostrando anche quest'anno in cui, finalmente, da due settimane gli è stata assegnata anche la fascia di capitano visto che Alves comincia a saltare qualche gara.
Solo che il ''virus'' della sua irriducibilità non pare molto contagioso nel gruppo crociato. Non lo fu due anni fa quando, dopo la gara con la Juve i crociati seppero cogliere solo due vittorie in 16 partite, salvandosi per il rotto della cuffia, e non lo è quest'anno. Cinque gol e un assist, l'incombenza di calciare i rigori (anche delicati come quello al 91' dell'andata con lo Spezia) svolta infallibilmente. E poi tanta duttilità.
JOLLY AFFIDABILE
Oltre al suo canonico ruolo di mezzapunta nel Parma ha fatto anche il centrale, il trequartista, l'esterno d'attacco, cambiando spesso posizione a gara in corso. A La Spezia sabato ha finito da centravanti e ha sfiorato un gol di testa che avrebbe ricordato da vicino quello realizzato a Reggio e che stava quasi per valere una vittoria scacciacrisi. Ma aveva già giocato come «falso nueve» anche la passata stagione quando mancavano contemporaneamente Inglese e Cornelius.
CHILOMETRI A GOGÓ
Vogliamo parlare del suo podismo? A La Spezia è, stato, tra i 22 in campo, il secondo per chilometri percorsi. Con 11 km e 912 metri ha fatto solo 50 metri meno di Kurtic. P.s.: globalmente il Parma ha corso 113,6 km contro i 99,3 dello Spezia, il che significa che ognuno dei 10 giocatori di movimento crociati ha fatto quasi 1,5 chilometri più del suo avversario. Tanto per sgombrare il campo sulla carenze di condizione fisica...
Tornando a Kucka possiamo certamente dire che il suo atteggiamento combattivo in campo, il suo saper e voler incidere in entrambe le fasi, il sapersi rapportare con compagni, arbitro e avversari ne fanno un capitano infinitamente più adeguato del suo ultimo predecessore. Riportarlo in Italia era stata un'intuizione di Faggiano dopo che lui si era messo in mostra con Genoa e Milan. Come detto però nonostante il suo innesto in squadra il Parma del primo anno in A nel girone di ritorno ebbe un incredibile crollo di rendimento. La stessa cosa accade quest'anno: lui gioca partite sontuose ma attorno a sé vede compagni poco ''intensi'', poco aggressivi, spesso confusi e demoralizzati.
«Dobbiamo capire perché smettiamo di giocare dopo 70 minuti» si è chiesto pubblicamente dopo l'ultima bruciante rimonta subita a La Spezia. Sarebbe bello trovare una risposta, ma purtroppo non sarà facile perché non ce n'è una sola. Si mescolano errori individuali a carenze caratteriali, inesperienza a stanchezza più mentale che fisica, il tutto condito da uno spirito di appartenenza e di sacrificio che, diluito evidentemente nei veterani, non s'è certo trasmesso alle nuove leve. Peccato allora per gli sforzi frustrati di Kucka, ma peccato soprattutto per il Parma, il suo patron e la sua gente.