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Via libera dall'Aifa alla quarta dose per gli immunodepressi
In Italia gli immunodepressi, una platea di circa tre milioni, potranno ricevere una quarta dose di vaccino anti-Covid. Il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco arriva proprio mentre l’Istituto superiore di sanità ribadisce una volta di più l’importanza delle vaccinazioni: i non-immunizzati finiscono in ospedale 9 volte di più di chi ha ricevuto tre iniezioni, e il booster protegge in oltre sei casi su dieci dall’infezione e quasi completamente contro la malattia in forma grave. Un quadro che, assieme al calo nelle ultime due settimane di positivi e ricoverati ordinari e in intensiva, fa dire al ministro della Salute Roberto Speranza che «finalmente la curva del contagio si piega dal lato giusto». Un messaggio di «fiducia per le prossime settimane» - sempre parole del ministro - che però, sul versante delle decisioni politiche, tiene acceso il dibattito tra i 'falchì e le 'colombè del Green pass all’avvicinarsi del 31 marzo, data di scadenza dello stato d’emergenza. Intanto la mappa a colori dell’Italia, da lunedì, cambierà ancora: tutta la Penisola sarà gialla, tranne Umbria e Basilicata (bianche) e Friuli-Venezia Giulia (arancione). Nel frattempo gli esperti dell’Aifa hanno comunicato al ministero l’assenso a una quarta vaccinazione per i gravemente immunodepressi, sebbene sia improprio parlare di 'quarta dosè. Tecnicamente, si tratta di un booster a conclusione del ciclo primario (2 dosi + 1 aggiuntiva); per la 'quartà si useranno vaccini a mRna, con le tempistiche standard. Che i vaccini siano decisivi lo certifica anche il report esteso dell’Iss: per i non vaccinati il tasso di ricovero è 9 volte maggiore rispetto ai 'boosterizzatì e il tasso di mortalità è 19 volte più alto. Inoltre l’efficacia del vaccino in termini di riduzione del rischio, tra non vaccinati e tri-vaccinati, è del 64% nella prevenzione dell’infezione e del 93% per la malattia severa. I dati del bollettino giornaliero riportano 50.534 nuovi contagi contro i 53.662 di ieri e 252 vittime (ieri erano state 314). Sono 492.045 i tamponi, con un tasso di positività al 10,2% (ieri 10,5%); 953 i pazienti in intensiva, 34 in meno. Gli ingressi giornalieri sono 76. I ricoverati 'ordinarì sono 13.387, -561 rispetto a ieri. Tutti numeri che alla vigilia della Giornata nazionale del personale sanitario (il 20 febbraio venne scoperto il 'paziente 1' di Codogno) fanno sperare. «La nostra comunità nazionale è stata all’altezza della sfida - ha detto il ministro Speranza - I vaccini e i richiami corrono molto velocemente». A ritmi però non elevati com'erano solo un mese fa, quando si raggiunse il picco di 4,6 milioni di somministrazioni tra il 10 e il 16 gennaio: tra il 7 e il 13 febbraio sono state 1,6 milioni. Segno, comunque, che la campagna ha oramai raggiunto la gran parte degli italiani. E' tempo dunque di un taglio alle restrizioni? Lo pensano soprattutto Lega e FdI, e la stessa ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha affermato che «si va verso un alleggerimento delle regole». Matteo Salvini aveva messo in chiaro che, per lui, «il 31 marzo lo stato di emergenza scade e non si deve rinnovare» e dunque deve decadere tutto ciò che ne consegue anche in termini di Green pass. La parte più prudente del governo vorrebbe invece prorogarne l’uso almeno fino al 15 giugno, cioè alla scadenza dell’obbligo di vaccinazione per gli over-50. Non è escluso che si trovi un compromesso allentando progressivamente le misure, in particolare l’uso della mascherina, in ragione del livello di rischio: prima le attività all’aperto e poi quelle al chiuso. Rispetto ai trasporti, invece, una ipotesi è che su quelli a lunga percorrenza resti necessario il 'rafforzatò, mentre sui mezzi locali possa bastare il base, già introdotto anche per gli spostamenti da e verso le isole. Intanto la road map indica dal 1 marzo l’aumento della capienza negli stadi e nei palazzetti (rispettivamente al 75% e 60%) e dal 10 marzo il ritorno degli snack al cinema e negli impianti sportivi e le visite ai familiari ricoverati per 45 minuti al giorno.
E’ dell’Istituto Oncologico Veneto (Iov) la più ampia casistica mondiale di pazienti oncologici in trattamento sottoposti a vaccinazione anti Covid-19, oggetto di studio e pubblicazione. Ad attestarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista «Oncologist», che riporta i dati di sicurezza della prima coorte di pazienti oncologici (5.297) che hanno ricevuto la vaccinazione con vaccino Pfizer-BioNTech presso lo Iov tra il 6 marzo e il 9 maggio 2021.
«Si tratta - evidenzia Antonella Brunello dell’Uoc Oncologia 1, prima firmataria dello studio - della più ampia casistica mondiale di pazienti oncologici in trattamento sottoposti a vaccinazione, oggetto di pubblicazione. I pazienti vaccinati affetti da tumore solido erano la maggior parte (87%), con una prevalenza inferiore di pazienti affetti da neoplasia oncoematologica (13%). La vaccinazione è stata proposta a tutti i pazienti in trattamento o nei quali la terapia era stata conclusa negli ultimi 6 mesi. Solo il 3,9% ha rifiutato il vaccino. Questa percentuale è di gran lunga inferiore ai tassi di rifiuto segnalati in letteratura, probabilmente legato al rapporto di fiducia e all’alleanza terapeutica con l’èquipe degli oncologi che hanno personalmente proposto la vaccinazione agli assistiti».
La maggior parte dei pazienti (81,6%) erano in trattamento oncologico attivo al momento della vaccinazione; di questi in chemioterapia il 38,6%, terapia targeted 21,6%, immunoterapia 7,9%, terapia endocrina da sola o in associazione a terapia targeted 22,6%, altre combinazioni 9,3%.
«Tramite il sito di farmacovigilanza www.vigicovid.it, è stato possibile verificare - prosegue Brunello - otto reazioni avverse segnalate, delle quali una è stata ritenuta di grado severo, non letale ma non di chiara attribuzione, potenzialmente ascrivibile anche alla malattia oncologica di base. Le reazioni non severe (dolori muscolo-scheletrici, febbre, prurito, rash cutaneo, cefalea, ipotensione/ipertensione) si sono risolte entro 48 ore. Le reazioni avverse segnalate sono insorte tutte entro breve periodo temporale dalla vaccinazione, non oltre i 14 giorni dalla vaccinazione stessa. Solamente 4 pazienti hanno presentato sintomi di reazione da ipersensibilità al momento della vaccinazione, che si sono risolti spontaneamente o con l'utilizzo di antistaminico, entro breve tempo e senza reliquati».
«Questi risultati - commenta la direttrice generale dello Iov, Patrizia Benini - contribuiscono a rafforzare e implementare le conoscenze sulla fattibilità della vaccinazione in pazienti oncologici e oncoematologici in trattamento chemioterapico, evidenziando l’importanza dell’alleanza curante-paziente, supportata da una significativa organizzazione delle attività che, anche scegliendo la finestra temporale migliore per la vaccinazione, ha permesso di garantire sia la copertura vaccinale che la continuità delle cure antitumorali».