intervista

Gerra: "L'ansia da guerra: come dare un senso all'angoscia"

Anna Maria Ferrari

Angosciati. Choccati da immagini e parole che mai ci saremmo aspettati di sentire nel Duemila. Donne insanguinate, bambini in fuga, genitori stretti ai figli in lacrime, palazzi squarciati dalle bombe. La guerra in Ucraina sembra dietro l'angolo, la sentiamo anche nostra: e per questo ci ha fatto di nuovo sprofondare nell'ansia. Impauriti dal futuro. Costretti ad affrontare la morte reale, non quella virtuale dei film e dei videogame. «La guerra è la morte sono state confinate per decenni nella lista dei problemi dei poveri: penso ai bambini dello Yemen, per cui non è stato istituito alcun corridoio umanitario, senza cibo, acqua pulite e antibiotici; - spiega Gilberto Gerra, psichiatra, responsabile Dipendenze patologiche dell'Ausl - alle maestre clandestine a Kabul, che insegnano di nascosto alle studentesse perché è proibito per le donne andare a scuola, a rischio della vita. Bambini che non solo la guerra la subiscono, ma la fanno. In Africa occidentale bambini soldato cui viene data cocaina da inalare per essere pronti a combattere meglio. L'avevamo confinata lontano, la guerra».
Stiamo forse uscendo dalla pandemia, dalla paura generata dal Covid. Ci ritroviamo in un stato di incertezza, una nuova tempesta.
Sì. La morte si manifesta per la seconda volta in pochi anni anche nei Paesi ricchi, Ebola era rimasta confinata ai poveri, il Covid ha sì interessato tutti, ma ancora con enormi disuguaglianze. Si pensi alla disponibilità di vaccini nel mondo. L'ansia emerge perché i nostri giovani sono cresciuti senza incontrare le conseguenze della guerra, ma nemmeno le conseguenze della morte naturale.
Un eccesso di protezione verso i nostri figli e noi stessi?
Facciamo un esempio. Non far vedere ai nipotini il nonno morto perché “si impressionano”, la bara chiusa di corsa, i funerali che scorrono via veloci rispetto a quando la bara attraversava il villaggio con un piccolo corteo. Ora la guerra si presenta anche fuori dai videogames.La guerra che non fa morti con un clic elettronico, ma può colpire in concreto le famiglie nella consuetudine delle case. Non si eliminano la guerra e la morte con un reset del computer.
L'ansia è determinata dalla consapevolezza della tragedia che sovverte di colpo le nostre sicurezze, i nostri progetti.
Un'ansia da smarrimento, disorientamento e panico: come, può accadere anche a noi? E tutti i miei progetti? Prima l'Erasmus, poi la laurea all'estero, il Phd, poi il master, lo stage, tutto già preordinato rispetto a persone che oggi non sanno se troveranno di che sfamare i bambini e come proteggerli dal gelo. E ancora il rischio della morte associato all'universo dei valori, poter morire per il proprio Paese, essere disposti a sacrificare tutto.
C'è una cura, un modo per convivere con queste enormi difficoltà senza smettere di guardare al futuro?
La cura della paura della guerra e della morte è il senso di trascendenza, anche dalla prospettiva laica. Saper guardare oltre quei 70-80 anni di vita che ci aspettiamo. Una trascendenza così chiaramente rappresentata da una bambina partorita nella metropolitana di Kiev, con la pace e la vita che non si arrendono. Costruire la pace con gesti concreti, non teatrali: farsi carico di rimuovere tutte le discriminazioni e i pregiudizi, combattere per la coesione sociale e la giustizia, non per la prevaricazione.