13 maggio 1978

45 anni della Legge Basaglia, nel nome e nel ricordo di Mario Tommasini

Con la legge 180 «i matti finalmente da 'oggetti insaccati in tela grigia', come li definì Basaglia al suo arrivo a Gorizia, emersero a cittadini ed entrarono nel diritto costituzionale». Così Peppe dell’Acqua, psichiatra che ha lavorato per anni fianco a fianco a Trieste con Franco Basaglia durante gli anni che portarono alla chiusura dei manicomi, sintetizza il valore della grande riforma sulla malattia mentale e sue terapie racchiusa nella nota Legge 180 che domani compirà i 45 anni d’età (13 maggio 1978).   “Legge Basaglia” (Legge che ha consentito la chiusura dei manicomi e l'abbattimento di qualunque “muro”, segregazione e istituzionalizzazione della salute mentale, ma non prevedeva  l'abbandono delle persone con problemi di salute mentale) che vide tra i suoi protagonisti, Mario Tommasini: occupò per un mese il manicomio di Colorno e poi collaborò con lo stesso  Basaglia e Franco Rotelli (Scomparso a marzo - leggi) per la definitiva abrogazione dei manicomi in Italia. Fu lo stesso  Tommasini, infatti, che invitò Basaglia a dirigere l'ospedale di Colorno. 

Dell’Acqua cita Norberto Bobbio che aveva definito quella basagliana, l’unica vera riforma in Italia dal dopoguerra in poi. Ma non nasconde «malinconia e tristezza": «Malgrado le disinformazioni, le bugie, la legge 180 ha prodotto i cambiamenti che si riprometteva, i malati di mente diventano cittadini. Poi la palla è passata ai governi, tutto questo all’inizio ha provocato un fremito, poi con la progressiva entrata in campo delle regioni c'è stata la morte della 180; ogni regione ha pensato a fare meno danni possibile agli interessi formatisi intorno alla psichiatria». Ma intanto «nell’ammasso intricato identitario di uno schizofrenico, si è riconosciuto un Francesco, un Michele, con una passione, un pensiero, un mondo interno ricco e invadente». Tutta la legge 180 è «pervasa da una etica umanistica, del costante riconoscimento dell’altro, con la necessità di esserci» e come corollario «c'era e ci sarà la chiusura dei manicomi perchè gli ospedali psichiatrici non potevano più coesistere con un cittadino libero. Piano piano si chiuderanno», prevede. Anche perchè con quella riforma sono stati aperti dovunque centri e dipartimenti di salute mentale, si è creata la possibilità di abitare insieme, cooperative sociali e associazioni del terzo settore: «una ricchezza enorme, anche se, per il resto, purtroppo i governi nazionali e regionali hanno fatto poco o pochissimo e in alcuni casi e anche gli psichiatri». Così, oggi ci troviamo «di fronte al fatto di Pisa in cui gli psichiatri di Viareggio parlano di 'colpa dell’antipsichiatria di Basaglià quando quel ragazzo è stato coltivato dalle culture antipsichiatriche sotto l’ala protettiva di chi dice che noi abbiamo armato la sua mano. Non pensavamo si potesse arrivare così in basso», conclude dell’Acqua.