trentino
Picchiata al parco di notte, donna muore: arrestato 40enne a Rovereto che aveva già aggredito in passato carabinieri e agenti della polizia
Una donna sessantenne è morta in ospedale per la gravità delle botte ricevute da uno straniero senza fissa dimora di circa 40 anni già noto alle forze dell’ordine che ieri, verso le 22.30, l’ha aggredita in un parco a Rovereto.
I carabinieri, coordinati dalla Procura, stanno facendo accertamenti. A dare l’allarme sono stati alcuni inquilini di un vicino condominio che hanno sentito le urla della donna e, dalle finestre, hanno visto la vittima a terra con i pantaloni abbassati e l’aggressore sopra di lei che la colpiva in faccia. L’uomo è poi fuggito, ma è stato fermato poco dopo dai carabinieri, è in arresto per omicidio.
Si chiamava Iris Setti la donna di 61 anni uccisa di con percosse dall’uomo che l’ha aggredita ieri sera verso le 22.30 nel parco Nikolajevka di Rovereto. Pare che la vittima stesse attraversando il parco per poi recarsi sul Lungo Leno, dove vive la madre, per accudirla.
Iris Setti è morta in ospedale a Trento a causa dei traumi e delle ferite riportate. A quanto si apprende la vittima è stata aggredita improvvisamente da uno straniero senza fissa dimora che lo scorso anno si era reso responsabile di danneggiamenti in una via della città, assalendo delle persone e camminando sulle auto. Il 40enne aveva anche aggredito i carabinieri e gli agenti della polizia locale di Rovereto che erano intervenuti per fermarlo. «Siamo provati per il dolore infinito che una tragedia come questa provoca ma allo stesso tempo vogliamo capire cosa non ha funzionato», dice il sindaco di Rovereto, Francesco Valduga.
Il primo cittadino è arrivato sul luogo dell’aggressione pochi minuti dopo, avvisato mentre si trovava a poca distanza per la tradizionale cena di condivisione in centro storico per le celebrazioni della patrona della città. «Io non voglio accusare nessuno - prosegue Valduga - il dolore della comunità è profondissimo. Ma, allo stesso tempo, abbiamo bisogno di capire. Di fare domande alle quali devono essere date risposte, cioè che cosa in un sistema non funziona. L'altra volta l’aggressore era stato immobilizzato in pieno giorno e si era riusciti a contenerne la furia. Quindi non possiamo immaginare che ci si limiti ad esprimere il dolore: c'era stato un precedente che dobbiamo capire se poteva evitarci quanto accaduto. Qui non c'entra il luogo in cui è successo o l'ora, ma lo stato di questa persona, che era conosciuta», conclude Valduga.