MILANO

La procura: "Chiara Ferragni ha guadagnato rafforzando la sua immagine". Indagato anche il manager

La Procura generale della Cassazione ha stabilito che è la Procura di Milano quella competente ad indagare sul caso Ferragni-Balocco per la vicenda dei pandori griffati, dopo che era stato sollevato il conflitto di competenza territoriale tra gli inquirenti milanesi e quelli di Cuneo.  Il «profitto» delle presunte truffe contestate a Chiara Ferragni per i casi del pandoro Balocco, delle uova pasquali Dolci Preziosi e della bambola Trudi, è «consistito anche nel rafforzamento mediatico dell’immagine della influencer», perché l’imprenditrice ha guadagnato «dal crescente consenso ottenuto veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all’impegno personale nella charity», ossia nella beneficenza. E’ quanto sostenuto dalla Procura di Milano, come si legge nel provvedimento del pg della Cassazione sulla competenza territoriale. Ci sono «indici esteriori, di tenore non equivoco» su una «unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso» delle presunte truffe sui casi pandoro, uova di Pasqua e bambola contestate a Chiara Ferragni, considerando la «unitarietà della spinta a delinquere», la «analogia del 'modus operandì» e il «lasso temporale» tra gli episodi. Lo scrive il pg della Cassazione nel suo provvedimento, pur chiarendo che non sulla base di questo criterio ha stabilito la competenza di Milano ad indagare. In tutti e tre i casi, si legge, Ferragni ha pubblicato sui social post, stories e «video fuorvianti» per i consumatori. 

 

Anche Fabio D’Amato, manager e stretto collaboratore di Chiara Ferragni, è indagato per truffa aggravata per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua nell’inchiesta della Procura di Milano. E’ quanto risulta dal provvedimento del pg della Cassazione sulla competenza territoriale della Procura milanese ad indagare.