Dati

Gender gap nel lavoro, in Italia il doppio della media Ue

In Italia restano «importanti sfide nel mercato del lavoro», con un tasso di occupazione al «record» del 66,3% ma «ancora 9 punti percentuali sotto la media Ue». E’ «debole ma in miglioramento», sebbene sia «particolarmente indietro nel sud (52,5%) e nelle isole (51,5%)" (tutti i dati riferiti al 2023). Il divario occupazionale di genere è però in una «situazione critica» a 19,5 punti percentuali: più del doppio della media Ue, e soprattutto «senza miglioramenti significativi nell’ultimo decennio».

E’ la fotografia della Commissione Europea nella relazione sull'occupazione preparata nell’ambito del Pacchetto di autunno del Semestre europeo. Di contro, Italia si segnala tra i «migliori performer» nel divario occupazionale della disabilità (15,9 punti, e dopo Spagna con 13,8 e Portogallo con 14). Agli estremi Croazia e Bulgaria hanno divari oltre i 40 punti.
Tornando al divario tra l’occupazione femminile e maschile, le teste di punta in Ue come Lituania, Estonia o Lettonia, hanno differenze che vanno dagli 1,5 ai 3,1 punti percentuali, mentre in Finlandia non c'è praticamente alcun divario (0,2 punti). A seguire, sono sette i Paesi sopra la media (Francia inclusa). Dieci nella media (tra cui Germania). Polonia in affanno, mentre con l’Italia sono fanalini di coda anche Cechia, Grecia, Malta e Romania. L’Italia è poi tra gli ultimi anche sulla disoccupazione di lungo termine degli adulti (con la Slovacchia) e per il reddito familiare disponibile lordo (con l’Austria).

La relazione dell’esecutivo Ue segnala che in Italia il tasso di disoccupazione (7,7%) e la sua componente di lungo periodo (4,2%) sono pur diminuiti nel 2023, ma rimangono tra i più alti Ue, e rispettivamente in una «situazione da tenere d’occhio» e «critica». E resta una sfida non solo la bassa partecipazione al mercato del lavoro delle donne, ma anche dei giovani.
La quota di occupazione temporanea tra i giovani (15-24 anni) nell’Ue è diminuita in Italia di 1,5 punti a partire dal 2022 per raggiungere il 48,1% nel 2023. Ma resta ben 37,1 punti sopra quella dei dipendenti tra i 25 e i 54 anni. Quote più alte di giovani con contratti temporanei oltre che in Italia si sono registrate nei Paesi Bassi, in Polonia, in Portogallo e in Slovenia (dal 55% al 60%), mentre le più basse sono state registrate in Romania, Bulgaria, Lituania e Lettonia.

Il rapporto di Bruxelles stigmatizza anche «la cultura always on», di essere cioè «sempre attivi» al lavoro, che «spesso si traduce in orari di lavoro aggiuntivi e imprevedibili» e «potrebbe essere dannosa per l’equilibrio tra lavoro e vita privata dei lavoratori, la loro salute e il loro benessere. Sulla base di un sondaggio aziendale del 2022 condotto da Eurofound in quattro paesi (Belgio, Francia, Italia e Spagna), oltre l’80% degli intervistati ha dichiarato di essere stato contattato per motivi lavorativi al di fuori dell’orario di lavoro contrattuale, con nove su dieci che hanno risposto a tali contatti».