Ordinanza
Unioni civili, la Cassazione apre all'assegno di divorzio
Così come avviene nel matrimonio, anche «nell’ambito dell’unione civile» può essere riconosciuto l'assegno di divorzio. E’ quanto cristallizza la Cassazione in una ordinanza di quindici pagine della prima sezione civile che prende in esame lo scioglimento di una unione di due donne. Assegno che può essere riconosciuto dopo avere accertato «l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente» e se ne «individui la funzione assistenziale e la funzione perequativo-compensativa».
Una pronuncia in cui i giudici, in sintesi, affermano che lo strumento può essere applicato con gli stessi principi delle coppie legate dal vincolo del matrimonio.
Nell’ordinanza gli ermellini ricordano che l’unione civile «disegnata dal nostro legislatore consente di formalizzare e dare rilevanza giuridica piena al rapporto tra due persone legate da una relazione omoaffettiva, è istituto diverso dal matrimonio, si può sciogliere con minori formalità e non conosce la fase della separazione e gli istituti a essa connessi, come l'assegno di mantenimento». All’istituto però si applica - come «espressamente disposto dalla legge» - quanto stabilito dalla legge sul divorzio «secondo i principi già elaborati dalla giurisprudenza in tema di scioglimento o cessazione effetti civili del matrimonio"
Per i giudici la funzione 'assistenzialè va individuata «nella inadeguatezza di mezzi sufficienti ad una vita autonoma e dignitosa e nella impossibilità di procurarseli malgrado ogni diligente sforzo» mentre quella 'perequativo-compensativà ricorre se «lo squilibrio economico tra le parti dipenda dalle scelte di conduzione della vita comune e dal sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in quanto detto sacrificio sia stato funzionale a fornire un apprezzabile contributo al ménage domestico e alla formazione del patrimonio comune e dell’altra parte». Con la precisazione che la «sola funzione assistenziale può giustificare il riconoscimento di un assegno, che in questo caso non viene parametrato al tenore di vita bensì a quanto necessario per soddisfare le esigenze esistenziali dell’avente diritto». I giudici aggiungono che se «invece ricorre anche la funzione compensativa, che assorbe quella assistenziale, l’assegno va parametrato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale dell’altra parte».
La vicenda finita all’attenzione dei Supremi giudici la riguarda la fine del rapporto tra due donne del Friuli Venezia Giulia che avevano siglato l’unione tra loro nel 2016.
La Corte «ha applicato il comma 25 della legge, che già rinvia rinvia alle norme della legge sul divorzio relative al mantenimento, 'in quanto compatibilì. Già all’epoca ci ponemmo questo specifico problema, risolvendolo nel senso dell’eguaglianza - dice Monica Cirinnà, che fu relatrice della legge - Ora diventa definitivamente chiaro, oltre ogni dubbio e con la certificazione autorevole della Cassazione, che anche nelle Unioni civili vanno applicate le norme sul mantenimento dopo lo scioglimento dell’unione».