Ponte Morandi, pm 'a Spea pochi fondi per controlli

"Galatà non chiese più risorse ad Aspi comprimendo sorveglianza"

L'ex amministratore delegato di Spea Antonino Galatà, "sapeva per sua esperienza pregressa in Aspi come veniva la fatta sorveglianza dei viadotti e che in una serie di casi non si faceva un controllo completo, per esempio non si entrava nei cassoni" e sapeva anche che il ponte Morandi "era stato oggetto di vari progetti di manutenzione" e quindi "che era stata ravvisata la necessità di intervento preventivo". Lo ha detto il pm Marco Airoldi nella requisitoria che oggi ha incentrato sulla figura dell'ex numero uno della controllata di Aspi, la Spea Engineering, che aveva il compito di monitorare il viadotto crollato il 14 agosto 2018 (43 vittime). Galatà, numero uno di Spea dal 2010 al 2018, era entrato in Aspi nel 2004, prima come direttore di tronco e poi come direttore di esercizio. Per l'accusa Galatà inoltre sapeva benissimo che dal 2007 con la nuova convenzione unica per le concessioni autostradali, per Spea "i fondi sono ridotti all'osso e quello che gli arriva non è sufficiente ma "lui va avanti gestendo quello che ha senza cercare di entrare in qualche modo in contrasto con Aspi". Secondo il pm l'ex ad di Spea "avrebbe dovuto negoziare per ottenere condizioni contrattuali che gli consentissero di dotarsi di mezzi in più per i controlli" e invece si è limitato a "comprimere la sorveglianza". Oltre a Galatà il pm oggi ha incentrato la requisitoria sulle posizioni di altri tre tra dirigenti e funzionari di Spea: Giampaolo Nebbia, Alberto Ascenzi e Maurizio Ceneri. Domani sarà la volta dei restanti dipendenti della stessa azienda. L'ultima posizione trattata sarà quella di Giovanni Castellucci, ex ad di Aspi. Poi a metà ottobre le richieste di condanna per i 57 imputati. (ANSA).