Il caso
Nove telefonini e droga trovati nel carcere di Bologna
Nel corso di alcune perquisizioni nel carcere bolognese della Dozza sono stati rinvenuti nove telefoni cellulari e circa seicento grammi di sostanza stupefacente, probabilmente hashish. Lo denuncia Francesco Borrelli, vice segretario regionale del Sappe.
«È diventato ormai consuetudine - affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Campobasso, segretario nazionale - il rinvenimento di telefoni cellulari all’interno delle carceri italiane. Riteniamo urgente schermare gli istituti penitenziari, in modo da renderli inutilizzabili. L’introduzione di uno specifico reato nel codice penale non ha sortito gli effetti deterrenti sperati. Inoltre, gli effetti della disposizione normativa si sono attenuati dopo le interpretazioni giurisprudenziali fatte dalla Corte di Cassazione, la quale ha affermato che se l’apparecchio telefonico non è utilizzabile, perché sprovvisto di sim, quindi idoneo a comunicare, il soggetto che lo detiene non è perseguibile. Lo stesso di casi se manca una parte dello stesso. Di non minore rilevanza il problema dell’introduzione di sostanze stupefacenti - proseguono - considerato l’elevato numero di soggetti tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane. Sarebbe opportuno, come sosteniamo da tempo, replicare il modello Rimini, dove esiste una sezione detentiva all’interno della quale, coloro che aderiscono al programma proposto (non utilizzare sostanze alternative come il metadone, intraprendere percorsi di recupero adeguati), dopo un periodo positivo vanno in comunità e non fanno più ritorno in carcere, perché recuperati».