ROMA
Violenza di genere, 'nuove politiche devono partire dai Cav'
Manifesto femminista segna alleanza da D.i.Re a Non Una di Meno
(ANSA) - ROMA, 25 NOV - "I Centri Antiviolenza sono i soggetti più competenti sulla violenza di genere. Devono essere interlocutori imprescindibili nella definizione delle politiche nazionali e locali, con un ruolo attivo di monitoraggio e valutazione delle azioni istituzionali, in quanto spazi di libertà". E' uno dei punti centrali, in totale sono dieci, del "Manifesto femminista e transfemminista contro la violenza alle donne e di genere" che segna un'alleanza tra la Rete D.i.Re, Be Free, ActionAid, Educare alla Differenze, Udi Bologna, Non Una di Meno e la Conferenza Donne Democratiche e molte altre associazioni. Nel manifesto viene sancito che la violenza di genere è "una questione pubblica, che riguarda tutta la società; il suo superamento, infatti, richiede coscienza comune, azione condivisa e rivoluzione culturale". Per "eradicare la violenza alle donne e di genere è necessario - viene sottolineato - rimuoverne le cause agendo un ribaltamento strutturale delle relazioni economiche, sociali e culturali su cui si fonda la società". "Vogliamo politiche di genere - si legge nel documento - non misure di mera assistenza. Vogliamo un piano nazionale di politiche delle donne e di genere che garantisca occupazione stabile, parità salariale, accesso alla casa, servizi educativi e sanitari, e strumenti di protezione sociale per le donne in uscita dalla violenza". Nel manifesto si chiede, tra l'altro, di "garantire nelle scuole un'educazione sessuo-affettiva, al consenso, alle differenze, alla salute e al benessere, fondata su relazioni di rispetto reciproco". "La retorica istituzionale che parla di emergenza mentre smantella i servizi e indebolisce i Centri - sostengono - è una forma di violenza politica" e dicono "no alle politiche meramente securitarie, alla rimozione della violenza dallo spazio pubblico e alla sua riduzione a fatto privato" perchè "le misure e securitarie non affrontano le cause strutturali della violenza: generano controllo e dipendenza. La sicurezza delle donne non si costruisce con il paternalismo, ma con libertà, risorse e autodeterminazione". Denunciano, inoltre, "la strumentalizzazione dei femminicidi da parte delle destre e delle istituzioni che, mentre si appropriano del dolore delle donne, continuano a ignorare le richieste dei Centri e a sottrarsi alla responsabilità di costruire politiche strutturali di prevenzione. Allo stesso tempo, negano risorse adeguate fondate su un'analisi regolare dei bisogni, condizione indispensabile per politiche antiviolenza realmente efficaci". Ribadiscono che il patriarcato esiste e che "gli uomini devono assumersi la responsabilità politica e pubblica di mettere in discussione i privilegi patriarcali". Denunciano, tra l'altro che "ostacolare, ridurre o negare il diritto all'aborto libero, sicuro e gratuito, è una forma di violenza in crescente escalation". Allo stesso scopo "risponde l'accanimento contro le persone trans e non binarie" così come guerra, ecocidio e genocidio, come in Palestina e in tante altre parti del mondo, sono forme estreme della stessa logica di potere che sta dietro al femminicidio: il dominio patriarcale". (ANSA).