La parola all'esperto

Previdenza: come funziona "opzione donna"

Sono una lavoratrice dipendente del settore privato nata nel settembre 1963. Alla data del 31 dicembre 2021 avevo già maturato i 35 anni di contribuzione utili per un eventuale richiesta di pensionamento con «opzione donna». Ho qualche perplessità: ma è vero quello che mi è stato riferito che andando in pensione con questa modalità potrei avere una riduzione dell’importo di pensione rispetto a quella «normale» anche del 25 -30%. Se così fosse, non mi pare molto conveniente anche se sono ormai stanca di lavorare e vorrei andare in pensione. Senza rimetterci troppo, però.

Lettera firmata

Risponde l'esperto Paolo Zani www.tuttoprevidenza.it 

Cara lettrice,
le sue perplessità, legittime, derivano da scarsa informazione/aggiornamento sulle questioni previdenziali. Cerco, qui di seguito, di spiegarle tutta la questione.
Il tutto nasce dal fatto che, per poter accedere al pensionamento in modalità «opzione donna», oltre ai requisiti di età (58 anni, nel suo caso, trattandosi di lavoratrice dipendente) e di contribuzione (35 anni, pari a 1820 contributi settimanili) requisiti che lei ha raggiunto entro il 31 dicembre 2021 data, per ora ultima, fissata dalla legge, è necessario optare, per la liquidazione del trattamento, per il sistema interamente contributivo.

Qual è la differenza sostanziale tra calcolo retributivo e calcolo contributivo.
Per il calcolo retributivo si tiene conto della media degli ultimi salari percepiti; per il calcolo contributivo si tiene conto di tutta la contribuzione versata nel corso della vita lavorativa. E quindi il calcolo retributivo è, quasi sempre, più vantaggioso.
Ma c’è una ulteriore variabile. Il calcolo retributivo si applica integralmente per la contribuzione versata a tutto il 31 dicembre 2011 a condizione che si avessero almeno 18 anni di contributi alla data del 31/12/1995.

Se non si raggiunge questo requisito il calcolo sarà retributivo per la contribuzione accreditata a tutto il 31/12/1995 e contributivo per la contribuzione dal 1° gennaio 1996 in poi.
Detto questo, una domanda legittima: da dove nasce la leggenda metropolitana che accedendo alla pensione con opzione donna ci si rimetterebbe anche il 30% dell’importo?

Semplicemente dal fatto che quando questa modalità di pensione venne istituita (anno 2004) tutte le donne avevano almeno 18 anni di contributi alla data del 31/12/1995, altrimenti non avrebbero potuto raggiungere i 35 anni di contributi richiesti e quindi avrebbero dovuto rinunciare ad un calcolo, il retributivo, sicuramente più favorevole.
E, infatti, questa penalizzazione fu introdotta per disincentivare, in un certo qual modo, il ricorso a «opzione donna».
Ma gli anni passano, e di proroga in proroga siamo arrivati al 2022 e qui, veniamo al suo caso specifico: la contribuzione al 31/12/1995 si assottiglia sempre di più e incide, pertanto, sempre meno sulla eventuale quota retributiva applicata ad una pensione non in «opzione donna».

Per quanto sopra detto oggi si stima attorno al 10% la diminuzione dell’importo di pensione «contributiva» rispetto a quella liquidata, in parte, in modalità «retributiva».

Ma bisogna tener conto di un altro fattore fondamentale. Lei, se sceglierà di accedere alla pensione in «opzione donna», anticiperà come minimo di 5/6 anni l’eventuale pensione anticipata, per la quale sono richiesti oggi 41 anni e 10 mesi di contributi per le lavoratrici e nel caso di pensione di vecchiaia (a 67 anni, oggi) anticiperà il pensionamento di ca. 8 anni. Tenga conto di quante rate pensione prenderà in anticipo, oltre al vantaggio di non più lavorare. In ogni caso, io consiglio di rivolgersi ad un Patronato di sua fiducia che potrà fare i due calcoli per valutare correttamente il tutto.
Un’ultima cosa: avendo già maturato il diritto alla pensione «opzione donna» lei potrà esercitare questo diritto quando vuole anche nel caso questa modalità di pensionamento non venisse prorogata ulteriormente.

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