LA PAROLA ALL'ESPERTO
L'Imu dopo i bonus: test per le nuove rendite
Le rendite catastali alla prova dell'IMU
La scadenza del 16 dicembre
Si avvicina il saldo: c'è l'obbligo di aggiornamento delle rendite catastali.
Ecco le regole da seguire
Ormai si avvicina il saldo Imu del 16 dicembre e quest'anno per molti proprietari di immobili è tempo di fare i conti con nuove rendite catastali. Più precisamente, il cambiamento riguarda tutti coloro che hanno aggiornato e aumentato i valori catastali dopo aver sfruttato il 110% e gli altri bonus.
Negli ultimi anni non si è verificato un massiccio «effetto superbonus» in catasto. Lo dimostra il fatto che la rendita media delle unità abitative è cresciuta di appena lo 0,8% tra il 2019 - ultimo anno prima dei maxisconti fiscali - e la fine del 2023: passando da 487,86 a 491,69 euro. Eppure, se guardiamo al totale delle unità e ai movimenti tra le categorie, possiamo notare diverse situazioni che determinano un aumento dell’imposta immobiliare dovuta sulle case diverse dall’abitazione principale. Tra il 2019 e il 2023 si sono aggiunte in catasto circa 415mila unità abitative. L’Istat rivela che nello stesso periodo sono state costruite 224mila nuove abitazioni, a cui si sommano 17.500 alloggi realizzati con ampliamenti volumetrici di fabbricati esistenti.
Lo scenario
Va detto, innanzitutto, che già prima del 110% era stata offerta la possibilità di applicare i bonus edilizi ai cambi d’uso verso una destinazione abitativa. E che numerosi edifici monofamiliari sono stati frazionati per poter sfruttare il superbonus riservato agli immobili da due a quattro unità di un unico proprietario.
Esistono170mila nuove iscrizioni di unità abitative che non sembrano derivare da nuove costruzioni: con ogni probabilità sono ex case fantasma, alloggi realizzati frazionando dimore più grandi e abitazioni realizzate in seguito a cambi d’uso (ad esempio ex negozi al pianterreno, sottotetti recuperati, magazzini e fienili resi abitabili). Guardando alle singole categorie catastali, sempre nel periodo 2019-23 si nota un aumento delle abitazioni iscritte in A/2, che è la categoria più numerosa e quella in cui ricadono quasi quattro case su dieci. In quattro anni si sono aggiunte 373mila unità. La rendita media è lievemente diminuita (-0,16%), il che pare confermare l’accatastamento di unità di minori dimensioni. Tra le altre categorie, cresce anche l’incidenza delle «villette» iscritte in A/7: 110mila in più. Considerando che molte ville non sono classificate come A/7, questo aumento potrebbe dipendere sia da nuove edificazioni sia dalla riqualificazione di fabbricati che prima erano censiti diversamente. A segnare un aumento sono anche le case in A/3 - ce ne sono 163mila in più - ma in questo caso l’incidenza sul totale resta costante. A parte le «abitazioni tipiche dei luoghi» (come trulli e masi), che però sono appena lo 0,1% del totale, tutte le altre categorie vedono diminuire il numero di unità. Vale per quelle «povere» (popolari, ultrapopolari e rurali), evidentemente in seguito a lavori o - più raramente - a riclassamenti dei Comuni. Ma vale anche per quelle di pregio: segno del fatto che i proprietari si sono ingegnati per declassarle, ad esempio frazionandole.
Come funziona la normativa
Sull’obbligo di aggiornamento post-lavori bastano le attuali regole ordinarie, unite alla capacità delle Entrate - fissata dalla manovra 2024 - di verificare le variazioni da superbonus e inviare lettere di compliance agli inadempienti. L’obbligo di comunicare la variazione della rendita catastale scatta, in generale, se viene aumentato il numero dei vani o ampliata la volumetria. O anche se - in virtù degli interventi edilizi - il valore dell’immobile sale di almeno il 15%. Entro 30 giorni dal termine del cantiere bisogna presentare la variazione catastale (tramite Docfa) o dichiarare che non ci sono state modifiche rilevanti. La nuova rendita è efficace dal momento di presentazione della dichiarazione e si rifletterà sull’Imu, che va versata per mensilità (la situazione che si protrae per più di metà del mese ne determina il trattamento). Per il calcolo del saldo Imu 2024 in scadenza il 16 dicembre, si dovranno esaminare le delibere pubblicate sul sito delle Finanze.
«La norma di riferimento è contenuta nella Legge di Bilancio 2024 art.1 commi 86 e 87 - puntualizza Antonio Russo, consulente tributario di Confedilizia Parma -. In sostanza l'Agenzia delle Entrate procede a verifiche con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi per i quali era stata prevista la detrazione del 110% della spesa sostenuta.
Non ci si riferisce solo ai cosiddetti interventi “trainanti come, ad esempio, il cappotto termico o la sostituzione degli impianti di climatizzazione, ma anche ai cosiddetti interventi “trainati”, come la sostituzione degli infissi o l'abbattimento delle barriere architettoniche. Le verifiche dell'Agenzia delle Entrate sono finalizzate a constatare se, per gli immobili oggetto di intervento agevolato al 110% il proprietario abbia assolto l'obbligo della presentazione della dichiarazione “di variazione dello stato dei beni” ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell'immobile presente in atti del catasto dei fabbricati. Occorre ricordare che interventi, soprattutto di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione, possono determinare una variazione delle caratteristiche dell'immobile con effetti sulla determinazione della rendita catastale dell'immobile stesso. Come è noto, la rendita catastale rappresenta il “reddito figurativo” attribuibile a un immobile, in base alle caratteristiche oggettive dello stesso: zona censuaria,/centro o periferia), categoria (A/2 A/3 o A/1, ecc.), classe di merito (ubicazione, stato di vetustità, ecc.) e infine consistenza (numero dei vani, superficie)».
Del resto, ogni intervento sulla unità immobiliare che possa determinare una variazione sulla rendita catastale deve essere dichiarato all'Ufficio del Territorio (ex Catasto) e la dichiarazione di variazione deve contenere la proposta di “nuova rendita” che tenga conto del maggior valore (maggiore redditività) dell'immobile.
«L'eventuale maggiore rendita attribuita all'immobile produce effetti nell'immediato, in sede di liquidazione e pagamento dell'Imu - fa notare Russo - come è noto l'imposta è calcolata sul valore catastale che è a sua volta direttamente collegato alla rendita catastale. Pertanto, un aumento della rendita catastale determina automaticamente una maggiorazione dell'imposta. Ora l'Agenzia delle Entrate intende verificare, utilizzando tutti gli strumenti di conoscenza in suo possesso, se i contribuenti, che hanno beneficiato del “superbonus 110%”, abbiano o meno provveduto, se tenuti, alla dichiarazione e proposta di nuova e maggiore rendita. Nel caso di inadempienza, l'Agenzia invierà agli interessati una comunicazione di sollecito nel contesto dei nuovi rapporti di collaborazione tra Fisco e contribuenti. Questa norma, in vigore dal 1 gennaio 2024 si inserisce in un contesto normativo che si propone di porre in un qualche modo rimedio al disastro per la finanza pubblica provocato dal bonus 110%».
In definitiva cosa succede il 16 dicembre? «In vista della prossima scadenza Imu (liquidazione e pagamento del saldo per l'anno in corso) non sembra si possano individuare situazioni critiche per i contribuenti - spiega l'esperto di Confedilizia - che, pur tenuti, non hanno dichiarato al Catasto l'eventuale aumento di rendita. Certamente, anche se non è stata ancora ricevuta alcuna comunicazione da parte dell'Agenzia delle Entrate è bene che i contribuenti già beneficiati dal 110%, si pongano il problema, anche per evitare sanzioni per omessa dichiarazione catastale che vanno da un minimo di 1.032 euro a un massimo di 8.264 euro».
Canone concordato e la richiesta di Confedilizia
A proposito di Imu, Confedilizia Parma richiama l'attenzione su una proposta concreta lanciata dall'associazione dei proprietari di casa. «L'Imu è una tassa sugli immobili, che sono la tradizionale forma di investimento degli italiani, rende particolarmente pesante l'impatto del tributo, anche sul piano sociale - è la premessa della presidente Daniela Barigazzi -. Come associazione abbiamo chiesto al governo di avviare una graduale riduzione di questa imposta nemica del risparmio e della crescita. Si potrebbe iniziare azzerando l'Imu sulle case date in affitto con i contratti a canone concordato, per estendere l'offerta abitativa, e sugli immobili dei piccoli centri, per agevolare la rinascita di borghi e aree interne. Si scelgano delle priorità, ma occorre iniziare». Secondo la confederazione, il gettito annuale dell'Imu è attualmente di circa 22 miliardi di euro annui.