LETTERA AL DIRETTORE
I pericoli delle criptovalute
Egregio direttore,
spero che il professor Augusto Schianchi mi creda se affermo che non si sia scalfita la mia grande fiducia in lui. Affermo che il suo editoriale di oggi dal titolo «Un passo avanti nella storia dei Bitcoin» mi abbia turbato. Mi riferisco al passaggio in cui il docente ricorda che il presidente della Sec Gensler, a proposito dell’autorizzazione data per l’emissione di titoli «Exchange-Traded Fund» che investono in Bitcoin, «per evitare malintesi» abbia «immediatamente precisato con una dichiarazione formale che l’ autorizzazione all’acquisto di Bitcoin non implica che la Sec lo sostenga, anzi (bisognerebbe) essere molto cauti».
Dico io: ci mancherebbe altro! Nel mondo si sa quanta ignoranza vi sia sulla materia e quindi ben sei Paesi (fra cui Cina, Egitto e Marocco) hanno provveduto a mettere al bando l’uso delle criptovalute. Ormai da tempo troviamo su internet (alla voce Agenda digitale) tutte le motivazioni addotte per dover guardare almeno con sospetto se non a addirittura con forte timore quelle transazioni in criptovalute.
Vediamo solo paio di quei sospetti. «I wallet (portafoglo digitale) sono gestiti da società off-shore, mentre il data mining (estrazione dei dati) avviene in genere in paesi in via di sviluppo con bassi costi dell’energia, e le criptovalute sono forti consumatrici di energia. Questa preoccupazione è tra quelle più sentite anche a livello europeo, dove in primavera il Parlamento ha posto le basi per una regolazione delle criptovalute, basata sulla protezione del consumatore, sulla correttezza finanziaria e sulla sostenibilità ambientale».
Già, dico io, è proprio quella «protezione del consumatore» che si rischia venga a mancare. Lo affermo dopo aver letto il libro di Gratteri e Nicaso dal titolo «Il grifone» (Ediz.Mondadori).
Mi limito riportando i titoli di due capitoli: il V «Criptovalute» e il VI «Droghe e mercati digitali». Sì, credo necessario andarli a leggere; io non mi sento di farne un riassunto. Riporto invece un passaggio contenuto a pag.86: «Nel 2022 i sequestri dell’oro bianco hanno ritoccato il record italiano del 2021 portandolo da 21,39 a 26 tonnellate (...).
Secondo la Dcsa, le organizzazioni criminali stanno smaltendo [quanto stoccato] e sono pertanto nella condizione di gestire colossali traffici che spaziano da un continente all’altro. Le dosi si vendono anche online grazie a piattaforme crittografate e vengono recapitate a domicilio ecc.». Più avanti «E in Italia la domanda [aumentata anche per il fatto che le droghe sintetiche costino molto meno] il 12 luglio 2023 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie il nuovo procuratore di Roma Lo Voi abbia dichiarato: «E’ bene dire subito che la situazione riguardante il traffico degli stupefacenti se non è totalmente fuori controllo poco ci manca (...) perché la domanda di stupefacenti è a qualsiasi livello assolutamente enorme».
E allora, dico io che sono un commercialista vecchio e in pensione, proviamo ad immaginare quei colossali guadagni a chi non solo vadano in tasca (risposta è facile), ma dove li potrebbero impiegare diciamo «quelli lì» a cui è sempre piaciuto da matti il gioco d’azzardo? A me che ho sempre odiato il gioco d’azzardo, oggi mi viene da rispondere: il gioco dei bitcoin.
«Ma no Pigozzi, stai esagerando. Anche da noi c’è la tutela del risparmio perché in fondo anche i bitcoin sono diventati una forma di rifugio del risparmio (stante la svalutazione in atto) accettando un po’ di rischio».
La risposta la potremmo trovare leggendo quel libro di Gratteri e Nicaso, dove, per esempio, nel capitolo V troviamo: «...la Banca centrale europea e il Gruppo di Azione Finanziaria hanno allertato le Istituzioni dell’Ue su possibili rischi correlati all’utilizzo delle criptovalute (...) un rischio condiviso anche dalla Direzione investigativa antimafia ecc.».
E poi a pagina 63: «Tra le tante piste ancora seguite c’è ancora quella delle criptovalute che il Pcc (Primerio Commando da Capital) fa «estrarre» proprio in Paraguay, uno dei Paesi della cosiddetta Tripla Frontiera (la zona di intersezione con Brasile e Argentina), conosciuta anche per essere un crocevia di attività illegali (...) proprio il Pcc da anni investe parte del suo patrimonio appunto in criptovalute» Alt, no Pigozzi: nel 2022 il Brasile ha approvato il disegno di legge che regola l’uso di bitcoin e di altre criptovalute come metodo di pagamento ufficiale. Ho interpellato in proposito il mio specchio speciale parlante (nascosto in una cameretta) che si è messo subito a ridere. Sul momento l’ho presa male, però sinceramente non so più cosa pensare; nel senso che... E’ per questo, signor direttore, che le faccio preghiera di interpellare il professor Schianchi.