LETTERA AL DIRETTORE
La scuola di ieri e di oggi
Caro direttore,
ho avuto il privilegio di insegnare per 40 anni nella scuola pubblica italiana, quando ciascuno assolveva il suo compito: alunni, insegnanti, dirigenti.
Quest’ultimi controllavano comportamento e operato degli altri due esercitando un’autorevolezza che favoriva il funzionamento dell’Istituto nel rispetto di regole e principi ben chiari e definiti.
Tutti sapevano come dovevano comportarsi. Sì, certo, oggi la definirebbero una scuola troppo rigorosa, per non dir altro!
Però oggi ci ritroviamo una scuola che arriva a contraddire sé stessa: l’impegno educativo di docenti e genitori di limitare la dipendenza degli alunni dal cellulare è in contrasto con il fatto che la scuola stessa ne impone l’uso, costringendo gli alunni a usarlo per sapere quali siano i compiti assegnati. Oppure dipendere dai genitori per espletare un compito che è solo e soltanto di competenza dei docenti.
Le mie lezioni si chiudevano così, prima del suono della campanella: «Ragazzi, aprite il diario, scrivete per il 18 marzo studiare Grammatica da pag. 123 a 125, esercizi 1, 2, 3». È così faticoso? Non compreranno neanche più il diario!
Il preside (allora si chiamava così) controllava a fine quadrimestre i compiti in classe ufficiali svolti e corretti che rimanevano nell’archivio a disposizione dei genitori che volessero visionarli per rendersi conto dell’operato dei propri figli (ahimè oggi interessa solo il voto).
Gli insegnanti non sono più appassionati del loro lavoro, indipendentemente dallo stipendio.
Sottolineo che per fortuna non sono tutti così, la scuola italiana si è sempre retta su pochi volenterosi amanti della loro professione.
Mi rattrista profondamente questa realtà avendo io creduto fermamente nella educazione e formazione dei giovani perché sono e saranno sempre gli artefici del Futuro.