Lettere al direttore

Le femministe e le donne afghane

Andrea Furia

Egregio direttore,
a tre anni dal ritorno al potere dei talebani alle donne afghane viene proibito di parlare in pubblico. In Afghanistan è stata approvata una legge che proibisce alle donne di cantare, recitare poesie, parlare in pubblico e le obbliga nuovamente a tenere il viso e il corpo completamente coperti. Il provvedimento rientra nelle nuove normative liberticide varate dai talebani per «combattere il vizio e promuovere la virtù». Dopo aver vietato alle bambine e alle ragazze afghane di ricevere una istruzione ora, dopo questo abominio, viene varata una legge che proibisce alle donne di usare la loro voce in pubblico. La mortificazione delle donne afghane, private di ogni diritto e il programma di cancellazione della figura femminile dalla società afghana, va avanti nell'indifferenza più totale della comunità internazionale.

Tutto questo contravvenendo a tutte le promesse fatte dai talebani quando nel 2021 hanno ripreso il potere dopo l'abbandono degli americani. Viene spontaneo domandarsi che fine abbiano fatto tutte quelle femministe che l'8 marzo protestavano vivacemente contro il patriarcato e il pseudo «genocidio» a Gaza? Femministe che dicono di battersi contro i diritti negati alle donne e nello stesso momento scendono in piazza a manifestare la loro piena e incondizionata solidarietà a dei fondamentalisti islamici che le vorrebbero tutte velate dalla testa ai piedi.
Prima di farci la predica sventolando bandiere palestinesi sarebbe meglio se si informassero sulla condizione delle donne nella Striscia di Gaza dove in una società dominata da Hamas i diritti fondamentali delle donne vengono sistematicamente violati.
E sempre a proposito di indifferenza e menefreghismo per le donne afghane e palestinesi vittime del fondamentalismo islamico non si sono sentiti neanche gli strepitii delle varie associazioni, movimenti, gruppi e partiti della sinistra radicale che scendono in piazza in difesa del regime di Hamas o almeno è quello che fanno intendere con il loro comportamento prendendosela con il diritto di difendersi di Israele. Un rapporto ambiguo quello che lega la sinistra estrema con l'ideologia Jihadista.
 
Parma, 30 agosto