Khawatmi: «Ricostruiremo Aleppo»
Affonda le proprie radici anche nel nostro territorio il progetto di ricostruzione della moschea di Aleppo, in Siria, spazzata via dalla guerra, insieme con le sue mura perimetrali, il minareto, i mosaici.
A farsi interprete dell’idea di riportare all’antico splendore quel monumento simbolo, con alle spalle oltre mille anni di storia, è stato infatti Radwan Khawatmi, imprenditore di origini siriane ma parmigiano d’adozione ed appena nominato nel consiglio dell’Aga Khan Museum di Toronto, sito che racchiude una quantità infinita di meraviglie dell’arte islamica.
Il progetto c’è già, ha ottenuto il via libera dall’Unesco e sarà finanziato proprio da Sua Altezza Shah Karim al-Husaini, l’Aga Khan IV, come annunciato a Palazzo Sanvitale, nell’ambito di un incontro su diplomazia e cultura promosso dalla locale sezione del Fai-Fondo ambiente italiano.
«Quando ho lanciato la proposta di ricostruzione della moschea di Aleppo, Sua Altezza ha inviato in Siria uno dei suoi più stretti collaboratori, in modo da cominciare a pianificare l’intervento - ha raccontato Khawatmi -. Abbiamo condotto alcune missioni segrete, lavorando praticamente sotto le bombe. Ho coinvolto un team di esperti, scelti tra i migliori progettisti del Politecnico di Milano e dell’Università delle Marche: sono stati fatti rilievi e disegni in scala, oltre a un inventario dei danni, piuttosto ingenti».
«Volevo dimostrare - ha aggiunto Khawatmi - che l’Italia è sì in prima linea, ma per ricostruire: la rinascita della moschea di Aleppo, distrutta dal cieco odio e dalla malvagità, darà una nuova speranza alla Siria».
«Arte e cultura sono un eccellente veicolo di promozione del Made in Italy. Il fatto che al progetto della moschea di Aleppo stiano lavorando studiosi e ricercatori italiani è un premio alle indiscusse capacità dei nostri professionisti» ha sottolineato Giovanni Fracasso, responsabile della delegazione Fai di Parma.
Nel corso dell’incontro, moderato da Francesco Battistini, giornalista del Corriere della Sera, è stato anche presentato il volume «Valigia Diplomatica» scritto da Antonio Morabito, ministro plenipotenziario che ha maturato significative esperienze in Indonesia, Argentina e nel Principato di Monaco.
«La politica estera non può essere disgiunta dalla cultura e dall’economia: è una linea che funziona - ha detto Morabito -. Il mestiere del diplomatico lo vedo come una missione, che assorbe la vita personale e familiare. La soddisfazione più grande è ottenere risultati per il proprio Paese».