Salone di Francoforte, 20 case assenti. Ma si spinge sull'elettrico

Andrea Silvuni

Un Salone di Francoforte in perfetta sintonia con la situazione dell’economia tedesca (la locomotiva guidata dalla Merkel ha rallentato e di parecchio) e, in generale, quella dell’industria dell’automobile che è 'schiacciata' da un lato dalla guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti e, dall’altro, dai problemi del rispetto ambientale e dell’adeguamento delle emissioni alle future e già stringenti normative.

Quella che si aprirà al pubblico il 12 settembre nella tradizionale sede della Frankurter Messe - occupando 4 padiglioni invece dei soliti 8 - è una edizione che evidenzia per la prima volta ben 20 defezioni e che fa sembrare 'preistoria' quei Saloni di Francoforte in cui i grandi gruppi tedeschi si sfidavano a suon di mega-padiglioni e di allestimenti hollywoodiani.

Le assenze Alla IAA 2019 mancheranno tutto il Gruppo FCA, tutto il Gruppo PSA (ad eccezione della marca locale Opel) e tutta l'Alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. E non ci saranno nemmeno Aston Martin, Cadillac, Chevrolet, Mazda, Rolls-Royce, Toyota e Volvo. E non ci saranno soprattutto molti dei grandi personaggi che animavano il Salone e il Fuorisalone, a cominciare dal padre-padrone della Volkswagen Ferdinand Piech (scomparso pochi giorni fa) e da Sergio Marchionne che manca ormai al mondo dell’auto da più di un anno. Si sentiranno anche le assenze di Carlos Ghosn (Renault e Nissan), di Rupert Stadler (Audi), di Dieter Zetsche (Daimler) e di Harald Krueger (Bmw) che, per scadenza dei mandati o allontanamenti forzati, non saranno sul 'car carpet' di Francoforte.

Una cosa è comunque certa: l’auto elettrica - grande protagonista a questo Salone 2019 con il debutto della Volkswagen ID.3 e di molti altri modelli BEV - si confronterà, soprattutto nei giorni di apertura al pubblico, con i modelli tradizionali, quelli con motori benzina e diesel, soluzioni propulsive queste che non sembrano affatto voler cedere il passo alla silenziosa propulsione a batteria. Dall’industria, soprattutto quella tedesca, arrivano segnali chiari: per prosperare occorre continuare a fare business con l'auto e per il momento i clienti non richiedono che una minima quota di auto 100% elettriche.