Prova su strada
Kona Electric, il crossover con la spina
C'è il crossover Hyundai Kona e poi c’è Kona Electric, che di Kona è un lato del carattere, quello più divisivo. Intesa come Suv compatto da città e non solo, Kona di ultima generazione (2023) è un bel guardare grazie a forme armoniche e, sotto talune prospettive, avveniristiche: i fari ultrasottili, le pieghe sulla fiancata, quella linea di cintura che in coda diventa spoiler.
È un bell’abitare, specie dietro, visto che da 4 metri e 35 di B-Suv, Hyundai ricava uno spazio di bordo da monovolume (passo di 2,66 m). Vani portaoggetti, ne abbiamo? In quantità.
La qualità dei materiali è ok? Sì, salvo qualche plastica un po’ rigida. Kona, infine, è anche un bel guidare, grazie a raggio di sterzo ridotto, visibilità buona (anche la visibilità della moderna strumentazione digitale «widescreen»), molleggio a prova di asfalto bucherellato, senza con questo incidere su precisione e sicurezza a velocità sostenute.
In salsa Electric, il fratellino minore di Tucson tiene fede sia alla fama di ovattata cabina di «first class» di buona parte degli e-Suv (gradevole anche lo sprint in 8 secondi della versione da 204 Cv), sia anche al meno lusinghiero difetto di voler raggiungere l’appuntamento col mercato (almeno, il mercato di massa) con eccessivo anticipo. Le batterie da 64,8 kWh fanno il loro onesto lavoro (400 km, purché niente autostrada), ma rete e tempi di ricarica sono quelli che sono. Chi spende 38.300 euro (per la base da 135 Cv e 48,6 kWh) meriterebbe un «parco giochi» più attrezzato.