Emerson, Lake and Palmer e Tarkus: un'avventura lunga cinquant'anni

Michele Ceparano

Quest'anno spegne cinquanta candeline “Tarkus”, secondo lavoro in studio degli Emerson, Lake and Palmer. Pubblicato qualche mese dopo il loro lp d'esordio, oltre a rappresentare uno dei “manifesti” del rock progressivo, è un'avvincente storia fantastica. Metà animale, un armadillo, e metà carro armato della Prima guerra mondiale, con tanto di cingoli e cannoni, che campeggiano sulla copertina disegnata da William Neal, il Tarkus creato dai tre musicisti inglesi è il protagonista della suite di oltre venti minuti che, composta da Emerson e divisa, come da tradizione del prog, in sette parti, occupa l'intera facciata A.

Come recita il testo all'interno dell'album, la creatura - il cui nome deriverebbe da una sorta di crasi tra Tartarus (il tenebroso mondo sotterraneo dell'antichità) e carcass - nasce “da un uovo posto ai piedi di un vulcano in eruzione” e il suo unico scopo è quello di combattere. E Tarkus, infatti, vaga per il mondo e affronta svariate creature finché non incontrerà la mitologica manticora, leone con testa d'uomo, coperto di aculei e con la coda di scorpione, essere fantastico ma “senza parti meccaniche”, che lo sconfiggerà e lo costringerà, lui nato dal fuoco, a cercare rifugio nelle acque del mare. In cui affonderà e scomparirà.

La suite si divide in tre brani strumentali - che riguardano le peripezie del protagonista - e quattro cantati, solo apparentemente slegati dalla storia dell'animale meccanico. “Tarkus”, tra fantascienza e mitologia, stregherà l'ascoltatore come, in “Nursery Cryme” dei Genesis, altra pietra miliare progressive uscita lo stesso anno, faranno brani come “The return of the giant Hogweed” o “The fountain of Salmacis”. Potenza del prog, che alterna la mitologia e le suggestioni “arturiane” con vere e proprie storie di science fiction.

Del resto, come “Il disco” ha spesso ricordato, il 1971 fu un anno d'oro per il rock in generale e, in particolare, per quello progressivo. Solo alcuni titoli di altri album leggendari che uscirono cinquant'anni fa e di cui questa rubrica si è già occupata: “Aqualung” dei Jethro Tull, “Pawn hearts” dei Van der Graaf Generator e “In the land of grey and pink” dei Caravan. Tanta roba. Sempre nello stesso anno, dopo “Tarkus” Emerson, Lake and Palmer fanno il bis pubblicando il live “Pictures at an exhibition”, registrato prima di “Tarkus” ma uscito solo a fine anno per favorire l'album del mitico armadillo da guerra.

Nell'album del '71 la suite “Tarkus” ovviamente fa la parte del leone. La facciata B contiene, invece, cinque brani. La dissacrante “Jeremy Bender”, suonata con il piano honky tonk tanto caro a Emerson, e “Bitches crystal”, storia di stregoneria e inquisizione dalle atmosfere jazz. Traccia divisa in due parti, “The only way hymn/Infinite space (Conclusion)”, tra Bach e il jazz, parla, inoltre, del “silenzio di Dio”. “Tarkus” si chiude con il rock di “A time and a place” e il rock 'n roll di “Are you ready Eddy?”, dedicata dal trio inglese al loro ingegnere del suono Eddie Offord.

 

Da YouTube Aquatarkus