I 50 anni di "What's going on"

Matteo Scipioni

Compie 50 anni il miglior album della storia (secondo Rolling Stone). Ma i riconoscimenti e i premi (da podio) non mancano anche da altre riviste musicali “monumentali”. «What’s going on» e la sua voce-mente-anima Marvin Gaye,  erotismo e spiritualità, anche dopo mezzo secolo hanno un’attualità come pochi. Iniziamo dalla rivoluzione musicale per il mondo della musica soul, che qui diventa concept album (le tracce in alcuni casi introducono la successiva) e album song cycle (la traccia finale riprende la traccia iniziale dell’lp).

Non solo, testi rivoluzionari, delicati ma radicali, sonorità jazz e funky lontano da quelle tradizionali della Motown. Testi, appunto, l’album parla di droga, povertà e guerra del Vietnam. Nove canzoni che, anche adesso fotografano e analizzano la società americana: la droga non è certo scomparsa, le guerre purtroppo non mancano nel mondo e il fronte della lotta per i diritti civili o il femminismo di allora trova voce, ora, con la libera espressione della sessualità o il movimento Black Lives Matter. 
21 maggio 1971, nel momento in cui l’album uscì,

Marvin Gaye era in un momento particolare della sua carriera. Alla fine degli anni ’60 era caduto in depressione. Svariati i motivi: la morte (per un tumore al cervello) della sua collega e amica Tammi Terrel, il fallimento del suo matrimonio, il rapporto irrisolto con il padre, la dipendenza dalla cocaina, problemi con il fisco e i dissidi con la Motown Records. Tentò il suicidio.

Dopo la leggendaria «I heard it through the grapevine» del 1968 Gaye scelse il silenzio. La scintilla per ritornare a dar voce all’America fu doppia: il ritorno da Vietnam del fratello Frankie e gli scontri di San Francisco nel 1969. L’interruttore, una canzone scritta da Obie Benson dei Four Ops. Ecco il brano «What’s going on», che leggenda narra fosse stato offerto prima (e rifiutato) a Joan Baez in un camerino a Londra. Fatale per l’inizio di una leggenda (con Gaye) fu una partita a golf.

Album di protesta? Sonorità jazz alla Motown? Il patron Berry Gordy l’avrebbe definita “la cosa peggiore che avesse mai sentito”. Senza aspettare l’ok del capo Marvin convinse io vertici a far uscire il singolo nel gennaio ’71. Centomila copie vengono “fumate” dagli scaffali. Primo posto in classifica, battaglia vinta con il patron e album da finire. Cosa che fu fatta in poco più di 30 giorni.