“The age of plastic”, quando c'erano i Buggles
Sull'onda del grandissimo successo - la hit si ascolta ancora ovunque - di “Video killed the radio star”, nel 1980 i Buggles, cioè Trevor Horn e Geoffrey Downes, pubblicano “The age of plastic”, il loro album d'esordio. Ne pubblicheranno un altro l'anno successivo, “Adventures in modern recording”, quando erano entrati negli Yes per rimpiazzare due miti del progressive rock: Jon Anderson e Rick Wakeman (del secondo “Il disco” si è occupato nell'ultima puntata, con l'album su Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda).
“The age of plastic”, che quest'anno ha spento quaranta candeline, è un concept dal tema fantascientifico sulla vita nel futuro, probabilmente ispirato da “I robot” degli Alan Parsons Project. Nonostante la hit che conteneva, non bissò lo straordinario successo del 45 giri. Come detto, però, servì al duo inglese per farsi notare ed entrare in un gruppo leggendario come quello degli Yes.
Protagonista del concept è il mondo della tecnologia, seducente e insidioso allo stesso tempo, descritto specialmente in “I love you (Miss Robot)”. Tra i brani di un disco che, comunque, è entrato nella storia della musica pop o synth pop, visto il massiccio uso di sintetizzatori, c'è anche “Kid Dynamo”, nel singolo lato b di “Video killed the radio star” (pezzo di cui questa rubrica si è occupata l'anno scorso), sull'influenza dei mass media. Ma, soprattutto, va ricordato “Elstree”, titolo preso in prestito dal nome di una storica società di produzione cinematografica inglese. Negli Elstree studios di Borehamwood, che all'epoca si chiamavano Emi Studios e che oggi sono in declino, Stanley Kubrick girò “Shining”.
Il brano racconta la storia di un attore fallito (il ritornello fa: “Elstree, remember me, I had a part in a B movie”) come “Video killed the radio star” era incentrato su una star della radio, “uccisa” dall'avvento della televisione. “Elstree” passò spesso in radio anche in Italia, è orecchiabile, ironica e ha un gran bel finale.
Oggi Horne fa soprattutto il produttore, ma nel 2013 ha curato gli arrangiamenti per alcuni brani di Renato Zero, mentre Downes ha continuato a suonare. Nonostante il loro successo sia legato a un periodo ormai piuttosto lontano, i due hanno ancora un posto nella storia del pop.