Genesis, i quarant'anni di 'Duke' - Video
di MICHELE CEPARANO
L'addio al prog dei giorni di gloria era stato sancito dall'album uscito due anni prima con “... and then there were three”. Sul piano delle vendite questa operazione fu, comunque, un successo. Sul piano dei contenuti invece il discorso cambia. Sta di fatto che quarant'anni fa i Genesis proseguono su questo sentiero, che allontana da loro i fans della prima ora ma gliene procura di nuovi e certamente più scatenati. Nel 1980 esce infatti “Duke”, che si conferma l'ennesimo successo commerciale e sicuramente un ottimo prodotto per quanto riguarda il filone pop. Inutile, però, cercare atmosfere magiche e, anche se qua e là qualcosa riaffiora, testi complessi e profondi. Il prog è morto, ma viva il prog. “Duke” è ottima musica commerciale, suonata dal rodatissimo trio Collins-Banks-Rutherford, con l'apporto del confermato batterista Chester Thompson e, new entry, del chitarrista Daryl Stuermer. I Genesis ormai riempiono gli stadi e poco importa che chi li va a vedere magari non ricordi neppure “Supper's ready” o “The battle of Epping forest”. Negli anni Ottanta si sta facendo strada, per citare Jovanotti, “una tribù che balla”, che affolla gli stadi e compra dischi e cassette. La band inglese, però, dal vivo, oltre a promuovere le sue ultime creazioni, manterrà sempre una “stanzetta” dedicata al bel tempo che fu, con in scaletta pezzi come “Carpet crawlers” o “In the cage”. Certo, magari non ripropone “Seven stones” o “After the ordeal”. Ma i tempi sono ormai quello che sono e bisogna accontentarsi. Pur, comunque, in pieno disimpegno, i Genesis si impegnano moltissimo sfondando negli Usa e perfino in Giappone.
“Duke” accantona le fairy tales tanto amate dai fans del prog e si cala nell'hic et nunc. Nell'album svetta la “Duke suite”, un omaggio ai tempi delle lunghe composizioni tipo “Supper's ready”. E' un gruppo di canzoni collegate tra loro tra cui, oltre al brano di apertura “Behind the lines”, spicca “Duchess”. Tra i brani più famosi dell'album non ha niente però a che vedere con figure che evocano tenute o castelli di gabrieliana memoria. Il brano parla invece dell'ascesa e del declino di una cantante. La Suite proseguirà con “Guide vocal”, passando per “Turn it on again”, brano destinato ad avere un grande successo, e si concluderà, facendo calare anche il sipario, con i due pezzi strumentali - una passione dei Genesis era concludere alcuni loro lavori in questo modo; ascoltare a tal proposito “Los endos” - “Duke's travels/Duke's end”. I brani della suite restano comunque i più solidi dell'album, assieme ad “Heathaze”, firmata da Banks, termine che indica la foschia nei giorni di afa. Un brano che può fare il paio, come mix tra poesia e fenomeni naturali, con lo stupendo "Afterglow", partorito sempre dal genio di Banks e uscito quattro anni primi in "Wind&Wuthering", un album seppur crepuscolare ma che rappresenta il vero canto del cigno della bella storia dei Genesis progressive. Intrigante, infine, la copertina dell'uomo affacciato alla finestra, opera dell'illustratore francese Lionel Koechlin. Anche se lontana anni luce da quelle di Paul Whitehead che, come si diceva una volta, da sole valevano il prezzo del biglietto.