45 anni di “War child”, i soliti grandi Jethro Tull
di Michele Ceparano
L'anno prima era uscito “A passion play”, uno dei loro album più intriganti ma anche più difficili. Una sorta di apice raggiunto e uno dei lavori più complessi della storia del rock. Così, l'anno dopo, esattamente nel 1974, i Jethro Tull tornano alla ribalta con “War child” che quest'anno compie 45 anni. Settimo album della band britannica, segna anche un certo allontanamento dal progressive. Forse non è un capolavoro assoluto, ma paga certamente il fatto di essere tra due album leggendari. L'anno prima, come detto, il mondo aveva potuto assaporare il criptico e affascinante “A passion play”, l'anno dopo, nel '75, i Jethro Tull regaleranno invece al loro pubblico, e alla storia, “Minstrel in the gallery”. Nel '71 era uscito “Aqualung”. E nel '72 “Thick as a brick”.
Nonostante la “nobile compagnia”, bisogna però ammettere che “War child”, di cui nel 2002 uscì un'edizione rimasterizzata con sette pezzi in più rispetto all'originale, se la cava egregiamente.
Chi infatti lo ascolterà per la prima volta o lo riscoprirà non si troverà certamente di fronte a un disco figlio di un dio minore. “War child”, che ha come filo conduttore appunto la guerra e il mondo dei soldati come metafora per parlare dell'esistenza dell'uomo, infatti è un gran bel disco - Ian Anderson e soci hanno sbagliato veramente poco in carriera - con alcuni pezzi di grande atmosfera.
Due su tutti, “Skating away on the thin ice of the new day” e la scozzesissima - non vanno dimenticate infatti le origini di Anderson - e militaresca “The third hoorah”. Ma sicuramente, riascoltandolo la seconda volta non lascerà insensibili neppure la title track “War child”, una critica a ogni guerra, comprese quelle che si combattono nel quotidiano. O “Queen and the country”. In questo caso, che è anche autobiografico, a raccontare sono dei marinai che “portano a casa oro e avorio, anelli di diamanti e collane di perle”. Sono loro, però, che rischiano mentre i governanti si fanno belli con la loro fatica. Meno d'impatto, ma successo da top ten negli Stati Uniti, "Bungle in the Jungle".
Si resta colpiti anche da “Ladies”, una sorte di ode alle mogli dei soldati. Brani pieni di fascino di un album in cui i riferimenti a "A passion play" sono numerosi, sono anche l'acustico e sarcastico “Only solitaire” o “Two fingers”, il primo ripescato dalle session del 1972 e il secondo adattamento di un altro pezzo di tre anni prima non incluso in “Aqualung”, come detto altro album leggendario. Per molti lavori dei Jethro Tull un aggettivo perfino riduttivo.