IL DISCO

Peter Gabriel balla da solo

Michele Ceparano

Primo album solista di un gigante  come Peter Gabriel, I, detto anche “Car” per la copertina che lo mostra a bordo di un'auto - i tre successivi verranno identificati come II, III e IV e ribattezzati nell'ordine “Scratch”, “Melt” e “Security” - è il disco che contiene uno dei suoi più grandi successi come solista, “Solsbury Hill”. Un brano da cui venne estratto un 45 che andò piuttosto bene nel Regno Unito, ma anche negli Usa, dedicato alla località che ispirò l'ex leader dei Genesis. Un luogo magico dal momento che una leggenda farebbe coincidere quella collinetta del Somerset sovrastante il villaggio di Batheaston, nei pressi di Bath, città cara a Gabriel, con il monte Badon dove i britanni guidati da re Artù sconfissero i sassoni. “Solsbury Hill” era, dunque, un brano destinato fin dal suo concepimento a un grande successo.

Anche in questo caso, dunque, Gabriel non sbaglia e 45 anni fa inizia un nuovo capitolo della sua vita artistica, caratterizzata anche da un marcato impegno sul fronte dei diritti civili che, nel 1980, lo porterà a pubblicare la celeberrima “Biko”, dedicata appunto a Steven Biko, attivista anti-apartheid sudafricano.

Il “nuovo” Peter Gabriel nel '77 ha, comunque, già preso il volo, come testimonia “Car”. Mentre i Genesis virano, infatti, verso suoni più commerciali, l'ex frontman del leggendario gruppo inglese  si ritaglia un ruolo più apprezzato dai fans di lavori immortali come “Nursery Cryme”, “Foxtrot”, che quest'anno festeggerà il cinquantesimo, e “Selling England by the pound”. Quello di “Car” è, comunque, un Gabriel più lontano dal prog e più vicino al rock, come testimonia il brano “Modern love”. Non è un caso, infatti, che a produrre il disco sia Bob Ezrin, che aveva anche lavorato, tra gli altri,  con Alice Cooper. “Moribund the burgermeister”, invece, con le sue atmosfere oscure rievoca le pestilenze medievali. Un brano molto “teatrale”, retaggio del Gabriel “animale da palcoscenico” che, con i suoi geniali travestimenti (tra cui la volpe, il fiore e il vecchio), aveva reso uniche le esibizioni dal vivo dei Genesis.

Musica e testo apocalittico contraddistinguono, invece, “Here comes the flood”, considerato da alcuni il momento più alto dell'album, assieme ovviamente a “Solsbury Hill”. Riuscita anche “Down the Dolce Vita”, che può contare sulla partecipazione della London Symphony Orchestra. “Excuse me” strizza, invece, l'occhio al cabaret, mentre chi scrive apprezza anche “Humdrum”. Il geniale musicista di Cobham “affinerà” la sua vena solista con i lavori successivi, tra cui spiccheranno il cosiddetto “Security” (1982), l'album di “Shock the monkey” ma, soprattutto, di “The rhytm of the heat” e “San Jacinto” e “So”, del 1986, che contiene l'indimenticabile duetto con Kate Bush in “Don't give up”. Il periodo Genesis, a quel  punto, è definitivamente archiviato. Ma Gabriel dimostra ancora una volta di poter “ballare” da solo.

Peter Gabriel - Solsbury Hill - YouTube